Il 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato
Secondo un nuovo rapporto redatto dall’Organizzazione meteorologica mondiale e da una vasta rete di partner, il 2019 è stato il secondo anno più caldo da quando si rilevano dati (secondo solo al 2016 per effetto di El Nino). Dal 2015 al 2019 si sono verificati i 5 anni più caldi di sempre, e il decennio 2010-2019 ha ottenuto la palma di decennio più mite della climatologia moderna.
Nel 2019 una forte ondata di calore ha provocato oltre 100 vittime e 18.000 ricoveri in Giappone, così come due imponenti avvezioni calde avvenute rispettivamente a fine Giugno e a fine Luglio in Francia (record nazionale a Vérargues di 46.0°C), hanno determinato un bilancio di 1462 vittime e 20.000 ricoveri. Record nazionali sono stati stabiliti anche in Germania (42.6°C), Paesi Bassi (40.7°C), in Belgio (41.8°C), in Lussemburgo (40.8°C) e nel Regno Unito (38.7°C), con ondate di calore sino ai paesi nordici, dove Helsinki ha registrato la temperatura più alta mai registrata (33.2°C il 28 Luglio). Non è andata bene nemmeno in Australia, dove il caldo estremo ha causato la media nazionale giornaliera più elevata di sempre (41.9°C) lo scorso 18 Dicembre e i 7 giorni più caldi della storia della climatologia locale. Valori elevatissimi anche in India e in Groenlandia, dove si è verificata una prematura fusione dei ghiacci.
I cambiamenti climatici che ormai appaiono inarrestabili stanno rendendo possibile l’espansione della specie di zanzara Aedes, responsabile del virus della dengue (100 milioni di infetti ogni anno e di 12.500-25.000 decessi). Parallelamente, l’incidenza globale della dengue è cresciuta negli ultimi decenni e circa la metà della popolazione mondiale è ora a rischio di infezione. Nel 2019, il mondo ne ha registrato un forte aumento dei casi. La variabilità climatica e gli eventi meteorologici estremi sono tra i fattori chiave del recente aumento della fame nel mondo e una delle principali cause di gravi crisi. Dopo un decennio di costante declino, la fame è di nuovo in aumento – e oltre 820 milioni di persone ne hanno sofferto nel 2018. Tra 33 paesi colpiti da varie crisi alimentari nel 2018, la variabilità climatica e il clima estendono un fattore trainante insieme a shock economici e conflitti in 26 paesi e il principale motore in 12 su 26. La situazione della sicurezza alimentare si è notevolmente deteriorata nel 2019 in alcuni paesi del Corno d’Africa a causa di eventi climatici estremi, sfollamenti, conflitti e violenze. Alla fine del 2019, circa 22,2 milioni di persone (6,7 milioni in Etiopia, 3,1 milioni in Kenya, 2,1 milioni in Somalia, 4,5 milioni nel Sudan meridionale, 5,8 milioni in Sudan) risultavano gravemente insicuri dal punto di vista alimentare.
Dopo un eccezionale periodo arido culminato a Marzo e ad Aprile nel Corno D’Africa, piogge intense ed inondazioni eccezionali avvenute tra Ottobre e Dicembre si sono rese responsabili dell’invasione di locuste nel deserto, definita la più grave degli ultimi 70 anni in Kenya. Un fenomeno destinato a ripetersi entro Giugno 2020.
Eventi estremi si sono verificati in molte aree del mondo, come il ciclone Idai in Mozambico (oltre 1000 morti e oltre 181.000 sfollati, definito uno dei più forti di sempre per quell’area), il ciclone Fani (responsabile di una delle evacuazioni di massa più imponenti della storia dell’India con circa 800 mila persone, 62 vittime e raffiche a oltre 215 Km/h), l’uragano Dorian nei Caraibi (50 vittime, categoria 5 e venti a quasi 300 Km/h), il tifone Haibis in Giappone che ha causato gravi inondazioni. Inondazioni anche in Iran, Filippine, Etiopia con centinaia di vittime, alluvioni in India, Nepal, Bangladesh e Myanmar durante la stagione dei monsoni (oltre 2200 morti), gravi inondazioni nel nord dell’Argentina, Uruguay, sud del Brasile, con perdite stimate ad oltre 2,5 miliardi di dollari. Negli Usa si sono verificate le precipitazioni annue più alte di sempre, con perdite economiche elevatissime stimate in 20 miliardi di dollari, per non parlare delle catastrofi prodotte dagli incendi in Siberia, in Alaska, in Australia, in Amazzonia e in Indonesia di cui abbiamo ampiamente parlato sino a pochi mesi fa.
Fonti Bibliografiche e fotografiche: noaa.gov