L’antico supervulcano della Valsesia, un caso unico al mondo
Il 2 Ottobre 2009 il professore Silvano Sinigoi durante una conferenza al teatro Pro Loco di Borgosesia, divulgò la scoperta di un supervulcano un tempo attivo nel versante meridionale del Monte Rosa, tra la Valsesia e la Valsessera. La notizia fece il giro del mondo, rimbalzando sui principali organi di divulgazione mediatica. La scoperta fu opera di un team guidato da James Quick, professore di geologia presso la Southern Methodist University e lo stesso Sinigoi, docente di Petrografia all’Università di Trieste, grazie ad un sollevamento della crosta terrestre con una profondità del complesso magmatico senza precedenti, pari a 25 chilometri.
Oggi è un vero e proprio fossile geologico che eruttò nel Paleozoico, che ha la peculiarità di far affiorare, in alcuni punti di superficie, i resti dell’antica eruzione avvenuta 250-300 milioni di anni fa. Grazie a questa peculiarità è possibile quindi osservare il suo antico sistema di alimentazione. L’affioramento di questo complesso è il solo caso al mondo di una sezione di crosta terrestre che rende possibile l’osservazione.
Dopo alcuni milioni di anni di attività ebbe tregua e non fu più alimentato dai magmi profondi, collassò su se stesso, formando una caldera, cioè uno sprofondamento, di una quindicina di km di diametro. I ricercatori hanno documentato meno di due dozzine di eruzioni nell’ultimo milione di anni. La caldera dell’antico supervulcano naturalmente non è più riconoscibile a causa dei processi geologici che nel corso di centinaia di milioni di anni si sono susseguiti, ma ancora oggi permette di osservare aree cui normalmente non sarebbe possibile osservare.