Il gasteropode con il guscio di ferro che vive in condizioni proibitive
Chrysomallon squamiferum è un gasteropode con una caratteristica unica: l’elemento chimico chiave del suo guscio è il ferro, in forma di solfato ferroso. E’ stato scoperto nel 2001 nelle profondità dell’Oceano Indiano mentre si trovava accanto al campo idrotermale di Kairei, e rappresenta un esempio di come si possa vivere in condizioni di vita quasi impossibili. Esso ha infatti un’incredibile capacità di vivere a pressioni, temperature e acidità elevate, oltre a condizioni di scarso ossigeno.
Il gasteropode si trova a profondità comprese tra i 2400 e i 2900 metri e staziona accanto alle sorgenti idrotermali di origine vulcanica. E’ l’unica creatura vivente che presenta del ferro nel suo scheletro, la cui corazza probabilmente serve come difesa contro le radule velenose delle lumache predatrici presenti nella stessa comunità.
Si nutre ricavando energia dai composti chimici sulfurei dell’attività termale, in simbiosi con alcuni batteri (chemiosintesi). Ora, un team della University of Science and Tecnology di Hong Kong ha decodificato per la prima volta il suo genoma. Il team ha identificato 25 “fattori di trascrizione” che contribuiscono alla produzione di minerali che irrigidiscono i tessuti. Hanno anche raccolto 20 esemplari a circa 2900 metri sotto il livello del mare attraverso i quali hanno scoperto geni in comune con il calamaro e con le ostriche. Sequenze rimaste pressoché invariate durante l’evoluzione, fattore che potrebbe aiutare gli scienziati a far luce su come la vita si sia evoluta nei periodi geologici passati.
A differenza di boschi e foreste, ampiamente sfruttate per ricerche in campo medico, le profondità marine (per ovvie difficoltà) restano in parte sconosciute. I campi idrotermali ospitano una quantità varia di creature che potrebbero avere un enorme potenziale per applicazioni biomediche, inclusi i microrganismi. Lo studio completo è stato pubblicato su Nature Communications.
Riferimenti bibliografici e iconografici: https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0032965