“Spettri rossi” sul Texas: il nuovo video ritrae il fenomeno elettrico ionosferico
Sappiamo tutti cosa accade alla base delle nubi a sviluppo verticale, un po’ meno nella loro parte superiore.
Alcune scariche elettriche possono fuoriuscire nella parte superiore dell’atmosfera compresa tra i 70 e i 110 chilometri sulla superficie terrestre, in contrasto ai fulmini tradizionali che si scaricano tra nubi o verso il suolo ad altezze notevolmente inferiori.
Si tratta di un fenomeno sino ad ora poco conosciuto accomunato ai fenomeni temporaleschi, di regola associato alla ionizzazione dell’aria e raramente osservabile a occhio nudo. Gli spettri rossi in genere hanno una durata inferiore ai dieci millesimi di secondo e si manifestano in corrispondenza di fulmini di elevata intensità di corrente elettrica. La loro colorazione, tipicamente rosso – blu, è dovuta alla forte presenza nell’atmosfera terrestre di azoto.
Compongono la famiglia dei TLEs, ovvero Transient Luminous Events, si formano al di sopra della cima delle celle temporalesche e possono essere singoli o multipli. L’attività elettrica terrestre non coinvolge solo la troposfera ma anche la regione sovrastante, fino a livello ionosferico.
Talvolta può succedere che la sommità positiva della nube perda la carica positiva (che si scarica al suolo), e quindi la regione di carica negativa, rimasta isolata, possa quindi creare un intenso campo elettrico con la ionosfera. Il campo elettrico accelera gli elettroni verso la ionosfera che, urtando le molecole atmosferiche, ne eccitano i livelli energetici. Quando le molecole tornano al loro stato fondamentale emetteranno della radiazione elettromagnetica, rendendo visibile il percorso delle cariche negative. Questa è l’origine degli “spettri rossi”, studiati in modo sistematico a partire dal 1989 dall’Università del Minnesota. La loro fisica di base non è ben compresa, nè se ne conosce l’eventuale effetto sul clima. Rappresentano sicuramente un qualche tipo di trasferimento di energia con una luminosità superficiale molto bassa. La loro frequenza è pari a circa l’1% di quella dei fulmini comuni. Insomma, sono molte ancora le domande senza risposta in merito a questi fenomeni, e gli scienziati con l’arrivo della calda stagione, monitorano sistematicamente i sistemi temporaleschi con una serie di telecamere installate sui monti ad alta quota.
Studi di modellazione di qualche anno fa dimostrano che le irregolarità di plasma nella ionosfera sono una condizione necessaria per l’avvio di queste “scintille”. L’attento esame del video ha mostrato come i filamenti in basso si formino molto più rapidamente che nella diffusione orizzontale, portando i ricercatori a suggerire che le irregolarità del plasma localizzato causino la propagazione delle “fiamme”. Un’altra possibile fonte delle irregolarità sono gli eventi meteorici. La regione D della ionosfera è nella parte superiore dell’atmosfera, dove sono comuni gli impatti di metoroidi prima di essere disgregati dall’attrito atmosferico.
COME OSSERVARLI – Anche se il fenomeno è ormai studiato da un secolo, la maggior parte degli scienziati non credeva alla sua esistenza sino al 1989, quando gli spettri rossi furono fotografati da telecamere poste ai bordi delle navette spaziali. Il metodo utilizzato per immortalarli è molto semplice. Per prima cosa è necessario che ci siano forti temporali nel raggio di 800 chilometri, visibili attraverso un radar regionale, un cielo terso e sgombro di nubi affinchè si possa riprendere il top dei cumulonembi e posizionare le macchine fotografiche in direzione dei temporali. Generalmente si utilizza un tempo di esposizione di 2 secondi, ma in assenza della Luna è possibile utilizzare esposizioni di 4 secondi. E’ necessaria tanta pazienza e un po’ di fortuna, ma generalmente su centinaia di esposizioni si finisce sempre per catturare qualcosa. Questo è il periodo giusto per provarci.