Dinosauri: l’asteroide colpì la Terra con la peggior inclinazione possibile
Nuove simulazioni dell’Imperial College di Londra hanno rivelato che l’asteroide che ha condannato i dinosauri colpì la Terra con un angolo di circa 60 gradi, massimizzando la quantità di gas che riversandosi nell’atmosfera superiore contribuì a modificare il clima. Un evento che produsse miliardi di tonnellate di zolfo, bloccando i raggi solari e innescando l’inverno nucleare che sterminò il 75% della vita sulla Terra.
Per un tragico scherzo del destino quella roccia spaziale cadde nella peggior inclinazione possibile, quasi a non voler sbagliare bersaglio e relative conseguenze. Da qui il peggiore scenario possibile per i giganti che popolavano la Terra, che nulla poterono contro la violenza dell’asteroide.
Gli strati superiori della terra attorno al cratere Chicxulub, nell’attuale Messico, contengono elevate quantità di acqua, carbonato poroso e rocce di evaporite. L’evento, secondo la ricostruzione in 3D, avrebbe surriscaldato le rocce che si sarebbero decomposte, gettando in atmosfera enormi quantità di anidride carbonica, vapore acqueo e appunto zolfo. Quest’ultimo avrebbe creato rapidamente particelle di aerosol, fermando la fotosintesi e raffreddando rapidamente il clima.
Il team di ricercatori dell’Imperial, dell’Università di Friburgo e dell’Università del Texas ad Austin, hanno esaminato la forma e la struttura del sottosuolo del cratere usando dati geofisici per alimentare le simulazioni che hanno aiutato a diagnosticare l’angolo e la direzione dell’impatto. La loro analisi è stata anche informata dai recenti risultati della perforazione nel cratere largo 200 km, che ha portato alla luce rocce contenenti prove delle forze estreme generate dall’impatto.
Le simulazioni hanno ricostruito la formazione del cratere con dettagli senza precedenti e hanno fornito più indizi in merito alla formazione dei più grandi crateri sulla Terra. Le precedenti simulazioni di Chicxulub hanno coperto solo le prime fasi dell’impatto, tra cui la formazione di un profondo buco a forma di scodella nella crosta e l’espulsione di rocce, acqua e sedimenti nell’atmosfera. Queste simulazioni sono invece le prime ad andar oltre quella fase, riproducendo lo stadio finale della formazione del cratere. Ciò ha permesso ai ricercatori di effettuare il primo confronto tra le vecchie simulazioni e la struttura attuale rivelata da dati geofisici.
I risultati sono stati pubblicati ieri su Nature Communications.