Published On: Ven, Ago 7th, 2020

Monitoraggio della “zona morta” nel Golfo del Messico

Ogni anno le acque del fiume Mississippi raccolgono circa dieci mila libbre di fertilizzanti e altre sostanze chimiche utilizzate per l’agricoltura di quelle zone. A ciò si aggiungono ingenti quantità di acque reflue non trattate provenienti dalle aree urbane che vengono trascinate dalla corrente del fiume e scaricate a valle nel Golfo del Messico. Ne deriva un’area in cui la vita non può esistere a causa della bassissima concentrazione di ossigeno disciolto.

Le sue dimensioni sono variabili, e nel corso del 2020 è di 2.116 miglia quadrate, equivalenti a 1,4 milioni di acri di habitat. Un dato che a primo impatto potrebbe apparire confortante rispetto alla media degli ultimi decenni, ma che in realtà, come vedremo, è soltanto temporaneo.
Poco prima dei rilevamenti, l’area è stata interessata dall’uragano Hanna, che ha rimescolato la colonna d’acqua riducendo l’area ipossica. Normalmente questa si riforma dopo qualche giorno o settimana dopo il passaggio delle tempeste.

Secondo la NOAA, il dato di Giugno si attestava a 6700 miglia quadrate, che seppur inferiori al record di 8776 miglia quadrate del 2017, rappresentano pur sempre un dato notevole.

Ogni anno, i nutrienti in eccesso provenienti da città, fattorie e altre fonti nei bacini idrografici montani scorrono nel Golfo e stimolano la crescita delle alghe durante la primavera e l’estate. Le alghe alla fine muoiono, affondano e si decompongono. Durante questo processo, i batteri che consumano ossigeno decompongono le alghe. I bassi livelli di ossigeno risultanti vicino al fondo sono insufficienti per supportare la maggior parte della vita marina, rendendo inutilizzabile l’habitat e costringendo le specie a trasferirsi in altre aree per sopravvivere.

I ricercatori continueranno gli sforzi di monitoraggio e ricerca per studiare gli impatti dell’ipossia sui pesci.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.