Published On: Ven, Ago 28th, 2020

La cometa radente di Kreutz frantumata dal Sole

Nella giornata di ieri, il telescopio spaziale SOHO ha osservato una cometa tuffarsi nel Sole. Le elevatissime temperature e le forze mareali prodotte dalla nostra stella hanno completamente distrutto il piccolo nucleo del gelido visitatore proveniente dal sistema solare esterno.

L’astro chiomato, scoperto soltanto due giorni fa, appartiene alla famiglia delle comete radenti di Kreutz, frammenti di un’antica cometa gigante. Si è disgregato a più di 350 mila chilometri dalla superficie del Sole, proprio durante due espulsioni di massa coronale ben visibili nelle immagini acquisite. CME prodotte dalla nostra stella a prescindere dal suo passaggio, dal momento che questi piccoli corpi rocciosi, come vedremo, non hanno la capacità e la forza di generarle.

Tale visione non rappresenta una novità, dal momento che si tratta di un evento molto comune nel nostro sistema solare. Tuttavia, l’episodio osservato nella giornata di ieri si è rivelato piuttosto luminoso, anche se la cometa ha subito lo stesso destino delle altre.

LE COMETE RADENTI – Nel 1888, l’astronomo Heinrich Kreutz (1854-1907), osservò che alcune comete seguivano più o meno la stessa orbita e transitavano molto vicine alla nostra stella. In onore al lavoro dello scienziato, questo speciale gruppo di comete è stato denominato Sungrazers Kreutz, e rappresentano l’85% delle comete radenti. Una cometa radente passa al perielio molto vicina alla superficie del Sole, ad una distanza che talvolta raggiunge qualche migliaio di chilometri. Mentre le più piccole possono evaporare completamente durante tale passaggio ravvicinato, le più massicce possono sopravvivere a diversi perielî; tuttavia, le intense forze mareali cui sono sottoposte le fratturano in frammenti dalle dimensioni più piccole. Fino al 1978, ne erano state identificate soltanto una dozzina, ma a partire dal 1979 gli osservatori spaziali in orbita hanno cominciato a rilevare queste comete con i coronografi. Attualmente, grazie ai telescopi spaziali come SOHO, STEREO e SDO, ne conosciamo migliaia.

Anche se molti di questi oggetti non sopravvivono al passaggio ravvicinato con la nostra stella, alcuni di loro resistono abbastanza a lungo da generare spettacoli degni di nota. Due di questi oggetti (visti nel 1843 e 1882) non solo hanno sviluppato code molto lunghe, ma hanno anche ottenuto la distinzione rara di essere state abbastanza brillanti da poter essere viste in pieno giorno e ad occhio nudo! Una delle più luminose comete del XX secolo apparve nell’autunno del 1965: la cometa Ikeya-Seki. Il 21 ottobre 1965, molti potevano facilmente visualizzare questa cometa ad occhio nudo nascondendo il sole dietro il lato di una casa o semplicemente con una mano tesa. In Giappone la cometa assunse una luminosità pari a 10 volte quella della Luna piena.

Le comete possono anche aiutare nello studio delle espulsioni di massa coronale e del vento solare. Sempre più spesso appena dopo l’impatto si osserva una forte espulsione di massa coronale, quasi come se fosse causata dall’impatto. I due eventi però, come già anticipato, non sono correlati. Le espulsioni di massa coronale sono causate da rapidi cambiamenti nel campo magnetico solare, cambiamenti che una piccola cometa non sarebbe in grado di fare. Queste coincidenze sono ancora più probabili durante i periodi di maggiore attività sulla superficie del Sole.

Dal momento che le code delle comete stanno rapidamente perdendo elettroni ionizzati in tale ambiente caldo, il loro movimento, come detto, è influenzato dal campo magnetico del sole. La comprensione di tali sistemi magnetici è una parte cruciale della ricerca spaziale, in base a come l’energia magnetica viene convertita in gigantesche esplosioni sulla nostra stella.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.