Lo scioglimento del ghiaccio artico non aumenta il livello del mare, quindi ci interessa?
La copertura di ghiaccio marino dell’Oceano artico, secondo gli scienziati del governo degli Stati Uniti, si è ridotta drasticamente, arrivando a misurare il livello più basso da quando esistono le osservazioni satellitari (1979).
Il trend è chiaro: l’estensione è diminuita del 14% per decennio e già nell’estate 2035, come riferito su Nature Climate Change, si potrebbe avere la prima estate artica senza ghiaccio.
Non è certamente una bella notizia per gli orsi polari, che a quanto pare, secondo un recente studio, viaggiano spediti verso l’estinzione. E non è una bella notizia nemmeno per il profondo cambiamento negli ecosistemi marini della regione, dal fitoplancton alle balene.
Tuttavia, tale fusione non è responsabile dell’innalzamento del livello dei mari in quanto non rappresenta un apporto aggiuntivo d’acqua, per cui se la nostra preoccupazione di fondo fosse l’impatto sull’umanità, la domanda sorgerebbe spontanea: perché mai dovremmo preoccuparci?
I motivi esistono e sono diversi.
EFFETTO ALBEDO – Forse il punto fondamentale da sottolineare, dicono gli scienziati, è che una calotta di ghiaccio che si restringe non è solo un sintomo del riscaldamento globale, ma anche un fattore trainante.
“La rimozione del ghiaccio marino pone fine all’effetto albedo, il che crea un potente meccanismo di feedback“, ha detto all’AFP Marco Tedesco, geofisico presso l’Earth Institute della Columbia University. La neve appena caduta riflette l’80% della forzante radiativa del Sole nello spazio, ma quando quella superficie simile a uno
specchio viene sostituita da acqua blu intenso, viene invece assorbita circa la stessa percentuale di energia di riscaldamento della Terra.
E non stiamo parlando di un’area piccola, ma di un’area grande il doppio di Francia, Germania e Spagna messe insieme.
Gli oceani hanno già assorbito il 90 percento del calore in eccesso generato dai gas serra prodotti dall’uomo, ma a un costo terribile, tra cui la chimica alterata, enormi ondate di calore marino e barriere coralline morenti. E a un certo punto, avvertono gli scienziati, quella spugna termica liquida potrebbe semplicemente saturarsi.
ALTERAZIONE DELLE CORRENTI OCEANICHE – Il complesso sistema climatico della Terra include correnti oceaniche interconnesse guidate dal vento, dalle maree e dalla circolazione termoalina, che è a sua volta alimentata dai cambiamenti di temperatura e dalla concentrazione di sale. Anche piccoli cambiamenti in questo Great Ocean Conveyor Belt, che si muove tra i poli e attraverso tutti e tre i principali oceani, possono avere impatti climatici devastanti. Quasi 13.000 anni fa, ad esempio, mentre la Terra stava passando da un’era glaciale al periodo interglaciale che ha permesso alla nostra specie di prosperare, le temperature globali sono precipitate bruscamente di diversi gradi Celsius. Sono risalite di nuovo circa 1.000 anni dopo. L’evidenza geologica suggerisce una parte responsabile dovuta ad un rallentamento della circolazione termoalina, causato da un massiccio e rapido afflusso di acqua dolce e fredda dalla regione artica.
“L’acqua dolce dello scioglimento del ghiaccio marino e del ghiaccio della calotta in Groenlandia perturba e indebolisce la Corrente del Golfo“, ha affermato Xavier Fettweis, ricercatore associato presso l’Università di Liegi in Belgio.
D’altronde nel passaggio a nord-ovest della CCGS Amundsen, un rompighiaccio di ricerca canadese che naviga nell’alto artico canadese, sono stati osservati enormi iceberg.
“Questo è ciò che consente all’Europa occidentale di avere un clima temperato rispetto alla stessa latitudine del Nord America“.
L’enorme calotta di ghiaccio in cima alla massa terrestre della Groenlandia ha visto una perdita netta di oltre mezzo trilione di tonnellate l’anno scorso, tutte sfociate nel mare. A differenza del ghiaccio marino, che non aumenta il livello del mare quando si scioglie, il deflusso dalla Groenlandia lo consente.
Quella quantità record era dovuta in parte alle temperature dell’aria più calde, che sono aumentate due volte più velocemente nell’Artico rispetto al pianeta nel suo complesso, ma è stato anche causato da un cambiamento delle condizioni meteorologiche, in particolare un aumento delle soleggiate giornate estive.
“Alcuni studi suggeriscono che questo aumento delle condizioni anticicloniche nell’Artico in estate derivi in parte dall’estensione minima del ghiaccio marino“, ha detto Fettweis all’AFP.