Published On: Gio, Nov 5th, 2020

Nell’Oceano Indiano un’area vulcanica attiva per 30 milioni di anni

Un’area vulcanica dell’Oceano Indiano è rimasta attiva per ben 30 milioni di anni. A scoprirlo un team internazionale guidato dai geologi della Curtin University, i quali sostengono, grazie all’analisi delle rocce basaltiche prelevate dai fondali marini, che la grande provincia ignea fosse alimentata da un flusso di magma in costante movimento.

L’area in questione si trova nel pianoro delle Kerguelen, a circa 3000 chilometri a sud ovest di Fremantle, nell’Australia occidentale. Era perennemente ricoperta da uno strato di lava spessa diversi chilometri, in eruzione a una velocità di circa 20 cm all’anno; quantità capace di riempire 184.000 piscine olimpioniche in 365 giorni. Per tre decine di milioni di anni l’altopiano divenne l’area più attiva del globo, sino a diminuire drasticamente circa 90 milioni di anni fa per ragioni non propriamente comprese.

Da quel momento è continuata una costante fuoriuscita di lava, sino ad oggi. Fuoriuscite che hanno caratterizzato le eruzioni del 2016 associate al vulcano Big Ben sull’isola Heard, l’unico vulcano ormai attivo in Australia.

Avere un’eruzione continua così prolungata non è certamente usuale e richiede condizioni geologiche molto particolari. L’altopiano cominciò a formarsi dopo la parziale disgregazione del supercontinente Gondwana, che ora compone Australia, India e Antartide. Il magma a quei tempi scorreva continuamente lungo le dorsali medio-oceaniche, agendo come una sorta di nastro-trasportatore di roccia fusa. Nel tempo, al raffreddarsi delle temperature, i canali vulcanici furono poi ostruiti dai magmi congelati. Questo è il motivo per cui l’attività, pur presente ancora oggi, ha dimensioni ben più contenute.

Il documento è stato pubblicato su Geology.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.