Covid-19, ebbe tutto inizio un anno fa?
Il 17 novembre 2019 un cinquantacinquenne della provincia dello Hubei, in Cina, mostra sintomi para-influenzali di una malattia fino a quel momento sconosciuta. Quell’uomo, probabile paziente uno, è ignaro di quello che il mondo sperimenterà di lì a pochi mesi.
“CACCIA” AL PAZIENTE ZERO – La pandemia di Covid-19 imperversa ormai da più di 8 mesi nel globo, avendo colpito più di 210 paesi con più di 55 milioni di casi “accertati” e 1,3 milioni di morti. Non è un caso che “accertati” sia virgolettato, in quanto è impossibile fornire una cifra corretta del numero di persone che hanno contratto il virus SARS-CoV-2. Il motivo è che molti casi sfuggono al tracciamento, specie laddove siano testati solo casi sintomatici, o laddove i mezzi a disposizione per i test – si pensi ai paesi africani – siano scarsi.
Altrettanto vana finora è stata la caccia al paziente zero, colui che per primo ha sperimentato il “salto di specie”, il famoso spillover del coronavirus dagli animali all’uomo, tuttavia nel corso dei mesi sono stati individuati vari pazienti uno. Inizialmente, si credeva che il primo caso accertato risalisse all’8 dicembre, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali del governo cinese. Altre ricerche, che si basano su studi genetici, collocano il paziente zero fra il 6 ottobre e l’11 dicembre 2019, ben prima del 31 dicembre, quando le autorità cinesi iniziarono a parlare di casi di “polmonite virale” a Wuhan, nell’Hubei. Nel marzo 2020, un articolo del South China Morning Post, parla invece del 17 novembre 2019, basandosi su dati non pubblicati del governo cinese, come data del primo contagio riconosciuto, pur affermando che non si tratta del paziente zero ma ancora del paziente uno.
COVID NATO A SETTEMBRE 2019? PROBABILMENTE NO – L’11 novembre 2020, appena sei giorni fa, l’Istituto Tumori di Milano ha pubblicato sul proprio giornale uno studio secondo il quale il SARS-CoV-2 circolava in Italia dal settembre 2019. Lo studio giunge a questa conclusione sulla base dell’identificazione di alcuni anticorpi contro il coronavirus presenti nei pazienti già in quel mese. Il problema di fondo è che per trovare gli anticorpi si è adottato un metodo che non esclude la reattività dei test anche ad altri tipi di coronavirus, come quello che origina il raffreddore comune. Altra prova a supporto dell’inconsistenza dello studio risulta il fatto che solo 6 persone su 111 hanno presentato anticorpi attivi, un numero che rientra pienamente nell’errore statistico. Gli stessi autori dello studio, infine, specificano che attendono che altri colleghi approfondiscano la questione.
Insomma, su quando effettivamente sia avvenuto il salto di specie e sul perché la Cina abbia accertato solo il 21 gennaio la trasmissione uomo-uomo restano dei dubbi, e questi quesiti probabilmente non saranno mai chiariti.
Immagine di copertina: Aly Song/Reuters