Le misure anti Covid hanno ridotto del 17% le emissioni di anidride carbonica
Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), le emissioni di anidride carbonica durante il periodo più intenso delle chiusure hanno raggiunto una riduzione del 17% a livello globale. Tuttavia, la ripresa delle attività ha subito fatto impennare i valori. Ora, nonostante le restrizioni mondiali imposte dalla pandemia del Coronavirus, i gas serra nell’atmosfera continuano a salire.
E’ quanto hanno dichiarato le Nazioni Unite, secondo cui la chiusure delle frontiere, la sospensione dei voli e i blocchi adottati nelle varie città hanno effettivamente ridotto le emissioni record degli anni passati, ma non così tanto da appiattirne la curva.
Le concentrazioni, secondo l’OMM, continueranno ad aumentare, anche se ad un ritmo leggermente ridotto.
Infatti, se è vero che le emissioni rappresentano il principale fattore che determina la quantità di livelli di gas serra, i tassi di concentrazione sono una misura di ciò che rimane dopo una serie di complesse interazioni tra atmosfera, biosfera, litosfera, criosfera e oceani.
In particolare, i bollettini di CO₂ hanno elencato una concentrazione atmosferica di 410 ppm nel 2019, superiore alle 407,8 ppm del 2018 e alle 400 ppm del 2015, anno in cui si è superata tale soglia. Un tasso di aumento che, grazie agli studi della paleoclimatologia, non è mai stato osservato nella storia della Terra. Dal 1990 si è registrato un aumento del 45% del forzante radiativo, che è in effetti il riscaldamento sul clima dei gas serra.
Secondo i dati provenienti dal Mauna Loa Observatory, Hawaii, lo scorso mese di Ottobre ha fatto registrare un aumento di 2,76 ppm rispetto a 365 giorni prima.
Uno dei problemi è che il biossido di carbonio rimane in atmosfera per secoli, e negli oceani ancor più a lungo. Gli scienziati, infatti, hanno più volte ribadito che anche un’imminente cessazione delle pratiche di combustibili fossili avrebbe comunque ripercussioni per decenni.
C’è poi il metano, gas serra ancora più influente dell’anidride carbonica, che nel 2019 ha fatto registrare una concentrazione superiore del 260% rispetto ai valori preindustriali.
E dulcis in fundo, la terza causa del riscaldamento globale, il protossido di azoto, utilizzato in gran parte dai fertilizzanti agricoli, che lo scorso anno ha raggiunto il 132% in più rispetto ai livelli preindustriali.
Questi due ultimi hanno fatto registrare un incremento minore rispetto a quello di anni passati, ma alla pari con il tasso di crescita dell’ultimo decennio.