L’inquinamento del mar Mediterraneo, un problema sempre più rilevante
Per migliaia di anni l’uomo ha esercitato un’influenza trascurabile nel delicato equilibrio della natura.
Come altri animali, era un predatore, ma si nutriva anche di frutti, radici, tuberi, insetti, ecc. Presto però cominciò ad associarsi in gruppi sempre più numerosi, che consentì il passaggio all’agricoltura ed alla pastorizia.
Tagliare e bruciare alberi per preparare il terreno alle coltivazioni ebbe un ruolo notevole nell’ambiente e nello stesso tempo, la distruzione della vegetazione modificò profondamente i mesoclimi del pianeta: l’equilibrio della biosfera cominciava ad essere alterato.
Durante il Medio Evo aumentò il taglio dei boschi sotto la spinta della popolazione in crescita. Si pensava alle risorse naturali come qualcosa di inesauribile.
Con la rivoluzione industriale furono introdotte macchine utensili mosse dall’energia derivata dai combustibili fossili, prima carbone e poi petrolio. Aumentarono inoltre i prodotti sintetici e cominciò un intenso processo di urbanizzazione.
Oggi, l’inquinamento è uno dei problemi che maggiormente affligge il nostro pianeta. Dalle acque all’aria, sino al suolo. Il più diffuso e grave è quello legato ai nostri mari.
L’INQUINAMENTO DEI MARI – Qualsiasi attività produce sottoprodotti e rifiuti. La vita stessa dell’uomo, degli animali e dei vegetali comporta l’espulsione di rifiuti metabolici, riversati nell’ambiente con modalità diverse. La prima destinazione di tali rifiuti sono il suolo o l’acqua, dove poi vengono aggrediti dai decompositori che li degradano in composti via via più semplici. In altre parole, l’inquinamento con rifiuti organici è seguita da un’intensa attività di recupero energia che conduce ad un’efficace autodepurazione dell’ambiente stesso.
L’urbanesimo e l’accentramento degli animali domestici in allevamenti e mandrie ha però determinato innaturali concentrazioni di rifiuti, che vengono prima o poi riversati nelle acque superficiali. Si sono aggiunti quindi fertilizzanti, diserbanti, defoglianti, insetticidi, ecc.
Queste sostanze, solo in parte degradabili, vengono dilavate dalle precipitazioni e dalle acque di irrigazione e finiscono per arrivare alla falda freatica e poi nei laghi o nel mare.
Inoltre, lo sviluppo delle attività industriali e la concentrazione in aree più comode per il trasporto merci, per la disponibilità di mano d’opera, per la fornitura di energia elettrica, hanno condotto ad utilizzare enormi quantità di acqua per le lavorazioni e per il raffreddamento degli impianti.
Quest’acqua viene poi restituita all’ambiente, inquinata da innumerevoli composti di sintesi, per la maggior parte tossici, difficilmente degradabili e con temperature così alte da impedire la sopravvivenza degli organismi decompositori.
Dal canto suo, l’intensificazione delle attività agricole ha portato all’impiego di fertilizzanti di sintesi contenenti azoto, fosforo e potassio, che vengono sparsi sul suolo, ma solo in parte utilizzati dalle piante. Il resto è dilavato dalle acque, con le quali pervengono alla falda freatica, ai laghi, al mare. Ne deriva un eccesso di sostanza organica morta che viene degradata aerobicamente, finché l’ossigeno è sufficiente, e poi anaerobicamente quando questo scarseggia. In quest’ultimo caso vengono prodotte sostanze tossiche come ammoniaca, idrogeno solforato che uccidono completamente il bacino.
Il processo, che si instaura soprattutto nei bacini chiusi, prende il nome di eutrofizzazione.
Inquinamento ed eutrofizzazione delle acque possono essere indotti anche alle attività domestiche e ai detergenti utilizzati.
IL MEDITERRANEO – Non ci si deve stupire se il nostro mare, nonostante le sue bellezze, abbia raggiunto e superato ogni limite accettabile di inquinamento. Attraverso gli oltre 7.000 Km di costa, confluiscono i rifiuti di almeno 140.000 aziende industriali. Dopo il Mar Nero, detiene numerosi record di inquinanti.
Allarmi e denunce vanno di rado a buon fine e fabbriche di ogni tipo scaricano i più svariati inquinanti: mercurio, piombo, materie plastiche (e qui si aprirebbe un capitolo a parte visto che nel mare nostrum ogni anno finiscono 570.000 tonnellate di plastica), idrocarburi, ecc.
A renderlo così inquinato non ci sono solo le città costiere: attraverso i fiumi, anche i concentramenti urbani interni scaricano in mare i loro liquami, gli erbicidi, farmaci, prodotti per la cura personale, antiparassitari, concimi e tutti i rifiuti derivati dall’agricoltura e dalla zootecnia. Non ultimi i detersivi.
I 4 milioni e 238 mila chilometri cubi di acqua del Mediterraneo impiegherebbero 90 anni a ricambiarsi spontaneamente, attraverso gli sfoghi molto stretti di Gibilterra e di Suez. Nonostante le aree protette istituite e i relativi divieti contenuti nel Testo Unico Ambientale, presto il nostro mare, in assenza di ulteriori misure, potrebbe ridursi ad un’immensa pattumiera.