SARS-CoV-2 e temperatura: il virus ha una componente stagionale?
La correlazione tra SARS-CoV-2 e le stagioni è stata ampiamente dibattuta durante gli scorsi mesi.
L’umanità si è mostrata impreparata dinanzi al nuovo virus, ma ha subito cercato di comprendere le migliori strategie per ridurne la diffusione.
Molteplici studi con risultati diversi si sono susseguiti e tantissimi altri ne arriveranno; ma ad oggi sappiamo che la famiglia dei coronavirus è caratterizzata da una maggiore trasmissione nei mesi più freddi e secchi e da una ridotta trasmissione nei mesi più caldi e umidi.
LO STUDIO
Con questa comprensione i ricercatori del Christina Lee Brown Envirome Institute dell’Università di Louisville, della Johns Hopkins University School of Medicine e del Joint Artificial Intelligence Center, hanno teorizzato che anche la temperatura ambientale influenzerebbe la trasmissione.
Gli scienziati hanno confrontato i dati giornalieri di temperatura e nuovi casi accertati in 50 paesi dell’emisfero settentrionale tra il 22 gennaio e il 6 aprile 2020. La ricerca, pubblicata questa settimana su PLOS ONE, ha mostrato che con l’aumento delle temperature, il tasso di i nuovi casi di COVID-19 sono diminuiti.
L’analisi dei dati ha mostrato che tra -1°C e 38°C, un aumento di 0.5°C era associato a una diminuzione dell’1% del tasso di aumento nei casi di COVID-19; mentre una diminuzione della temperatura di 0.5°C era associata con un aumento di tale tasso del 3,7%. Analizzando i dati dall’inizio della pandemia, i risultati sono stati ottenuti senza un’influenza significativa da blocchi o altri sforzi sociali per contenere il virus.
Sebbene si parli di una malattia infettiva che ha una trasmissione a prescindere, la ricerca indica che potrebbe avere una componente stagionale.
Naturalmente, l’effetto della temperatura sulla velocità di trasmissione è alterato da interventi sociali come il distanziamento, così come tutte le misure preventive. Una combinazione di questi fattori determina in ultima analisi la diffusione del COVID-19.
I ricercatori hanno concluso che i mesi estivi sono associati a una trasmissione rallentata, come in altri virus respiratori stagionali. Questo effetto stagionale potrebbe essere utile nella pianificazione locale degli interventi sociali e nella tempistica della recrudescenza del virus.