Come gli animali ci insegnano il distanziamento sociale…
Con l’avvento di SARS-CoV-2, l’uomo ha cominciato a familiarizzare con il distanziamento sociale.
Tuttavia, gli animali già lo praticavano in precedenza in modo intuitivo, evitando gli esemplari contagiati.
In una nuova recensione pubblicata su Science, Dana Hawley, professoressa di scienze biologiche presso il Virginia Tech College of Science, ha evidenziato solo alcune delle molte specie che praticano il distanziamento sociale, così come le lezioni apprese dai loro metodi per fermare la diffusione di infezioni batteriche, virali e parassitarie.
FORMA ATTIVA E PASSIVA
Gli esseri umani per molteplici motivi sopprimono questo istinto, a meno che le energie non vengano a mancare; quello che i ricercatori dello studio definiscono come distanziamento sociale passivo. Al contrario, molti tipi di formiche praticano la forma attiva: nel corso dell’evoluzione, alcune specie si sono adattate ad abbandonare i loro gruppi quando c’è un male in corso.
Il sacrificio è visto come un atto benevolo che protegge il resto della colonia e che permette di portare avanti i geni che la manterranno fiorente.
Ma ci sono altri casi come questo: le api sono un gruppo di insetti sociali il cui obiettivo principale è il bene dell’alveare e della loro regina. Quindi, quando quelle infette vengono rilevate all’interno dell’alveare, le api sane non hanno altra scelta che escludere gli esemplari infetti, espellendoli in modo aggressivo.
In altre specie, gli individui sani sono quelli che lasciano il gruppo per proteggersi dalle malattie, ma spesso a caro prezzo. Per ridurre il rischio di contrarre o trasmettere un virus, le aragoste spinose caraibiche abbandonano la loro tana quando rilevano un membro del gruppo infetto al suo interno. Non solo questo si traduce nella perdita di protezione all’interno del gruppo e della loro tana, ma si espongono a predatori mortali nell’oceano aperto.
Sebbene non tutti i casi siano così gravi, la riduzione delle proprie interazioni sociali comporterà sempre conseguenze di qualche tipo, inclusa la perdita di calore o avere maggiori difficoltà a trovare il cibo.
ABBIAMO MODIFICATO I NOSTRI ATTEGGIAMENTI
Sfortunatamente, gli esseri umani hanno acquisito fin troppa familiarità con i costi e i benefici dell’allontanamento sociale dall’inizio della pandemia COVID-19. Ma in realtà ci sono molti modi in cui abbiamo modificato il nostro comportamento nel bel mezzo della malattia, senza nemmeno rendercene conto.
Siamo più attenti a non esporci ai colpi di tosse, a non avvicinarci troppo ad un “non convivente”, a salutarci in maniera più fredda. In realtà, cercare di allontanarsi da una persona infetta (ad esempio con febbre) è stato sempre un comportamento quasi involontario, perché evolutivamente radicato.
L’ALLONTANAMENTO SOCIALE COME VANTAGGIO
Con la comparsa di nuovi mutanti del virus SARS-Cov-2, dovremo continuare a indossare maschere per proteggerci, oltre a praticare il distanziamento. A differenza degli animali in natura, abbiamo sviluppato una tecnologia per creare connessioni sociali anche se fisicamente lontani dagli altri.
Che sia una formica raccoglitrice, un’aragosta caraibica o un essere umano, è chiaro che l’allontanamento sociale è un comportamento che avvantaggia gli individui e la comunità che connette gli uni con gli altri.
Pertanto, è necessario prendere cura di sé stessi e degli altri praticando una condotta che sia più evidente e imperativa. Noi esseri umani, forse, dovremmo imparare dagli animali.