Come reagisce il corpo umano al calore di un’eruzione vulcanica?
La storia della Terra è colma di eruzioni spettacolari, ma anche catastrofiche. Citiamo quella del Krakatoa, udita in tutto il mondo, o quella del Tambora, capace di causare carestie in tutto l’emisfero boreale. Ma quella più nota è senza dubbio l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che ha fornito agli archeologi intuizioni sulla vita di coloro che vivevano all’ombra del vulcano.
TRA VECCHIE E NUOVE TEORIE
Una delle domande a cui gli scienziati cercano da tempo di dare una risposta, è come il corpo umano reagisca al calore di un’eruzione. Ad oggi esistono ancora ampi dibattiti in merito.
Fino a tempi recenti la teoria prevalente era che il calore e la forza del flusso piroclastico causasse la vaporizzazione istantanea dei tessuti molli. Tuttavia, studi e scavi recenti hanno dato risposte diverse, suggerendo che essi non vaporizzano nemmeno a centinaia di gradi, ma si disidratano lentamente, si contraggono e si staccano dal corpo.
Questo aspetto era stato precedentemente interpretato con la vittima che fugge o combatte, ma ora sappiamo che è semplicemente la conseguenza della contrazione dei muscoli. Gli organi interni si restringono e vengono distrutti, rendendo visibile lo scheletro.
Le ossa si rompono e si frammentano in modi diversi a seconda che i tessuti molli siano presenti o assenti. Cambiano colore quando si perde il carbonio, si deformano e si restringono quando la struttura cristallina microscopica dell’osso diventa attiva. Questa contrazione può arrivare fino al 30%.
In effetti possiamo usare questi cambiamenti indotti dal calore per interpretare il contesto della morte. Ad esempio, calcolando l’intensità della combustione dall’entità dei cambiamenti o ricostruendo la posizione di un corpo rispetto a un incendio.
LE ULTIME ORE…
Recenti ricerche di scienziati italiani hanno suggerito che la città di Pompei fu inghiottita in soli 17 minuti, provocando la morte per soffocamento dei residenti.
Ad Ercolano fu diverso, in quanto le vittime ebbero più tempo per cercare di mettersi in salvo. L’analisi degli scheletri mostra che molte persone corsero sulla spiaggia in attesa dell’evacuazione via mare per cercare di mettersi in salvo; ma non ci riuscirono a causa di un maremoto contemporaneo all’eruzione.
Gli scavi e l’analisi degli scheletri suggeriscono che furono principalmente uomini a morire sulla spiaggia, mentre le donne e i bambini si ripararono e alla fine morirono nelle costruzioni in pietra.
Questo ci dà uno sguardo toccante non solo su chi fossero queste persone, ma su come hanno vissuto i loro ultimi momenti – con donne e bambini terrorizzati mentre la temperatura aumentava a livelli fatali (3-400°C).
Il Vesuvio ci ha mostrato cosa succede ai corpi quando vengono colpiti da una forza geologica così catastrofica.