L’inattività fisica è responsabile fino all’8% delle malattie non trasmissibili e dei decessi mondiali
L’inattività fisica è responsabile fino all’8% delle malattie non trasmissibili e dei decessi mondiali.
E’ quanto ha rilevato uno studio pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, secondo il quale non svolgere alcun tipo di attività trova una correlazione con la cardiopatia coronarica, l’ictus, l’ipertensione, il diabete di tipo 2 e diversi tipi di cancro.
La maggiore incidenza si verifica nei paesi ad alto reddito dove i livelli di inattività sono doppi rispetto a quelli a reddito basso, anche se il maggior numero di persone con vita sedentaria si verifica in quelli a reddito medio.
Lo studio ha utilizzato dati della letteratura scientifica in merito a 168 paesi nel mondo.
L’INATTIVITA’ FISICA
La definizione fa riferimento a meno di 150 minuti di attività fisica di intensità moderata o 75 minuti di attività fisica vigorosa alla settimana. Una situazione che, nella nostra penisola, è divenuta comune a causa della chiusura dei centri sportivi.
I calcoli mostrano che la percentuale di malattie non trasmissibili attribuibili all’inattività fisica varia dall’1,6% per l’ipertensione all’8,1% per la demenza.
Mentre l’onere per individuo medio è maggiore nei paesi ad alto reddito, sono i paesi a reddito medio i più colpiti a causa del maggior numero di abitanti.
Ciò significa che il 74% dei decessi per malattie cardiovascolari associati all’inattività fisica si verificano nei paesi a reddito medio.
In generale, il carico più elevato di malattie non trasmissibili associate all’inattività fisica è nei paesi dell’America Latina, dei Caraibi, nei paesi occidentali e dell’Asia Pacifica. L’onere più basso è nei paesi dell’Africa sub-sahariana, dell’Oceania e dell’Asia orientale e sud-orientale.
Questo è uno studio osservazionale e, come tale – fanno osservare gli autori – non è in grado di stabilire la causa.
Nel 2018, l’Assemblea mondiale della sanità ha adottato l’obiettivo di ridurre i livelli globali di inattività fisica del 15% entro il 2030.
Ora, specie dopo la pandemia, siamo di fronte ad un problema globale che richiederà la collaborazione internazionale per mobilitare il cambiamento e raggiungere questi obiettivi di salute pubblica.