Quando Venezia traslocò a Rimini
La prima guerra mondiale fu una guerra totalizzante per l’Italia e fu il primo vero evento che ne sancì l’unificazione dal punto di vista corale. Il nostro Paese entrò in guerra il 24 maggio 1915 e ne uscì solo diversi anni dopo, il 4 novembre 1918 con strascichi fino agli inizi degli anni ’20. Furono anni di grandi tragedie e sofferenze, ma anche di grande solidarietà. Le storie di quel periodo sono molte e alcune molto toccanti e commoventi, mentre altre particolarmente curiose.
Fra i tanti accadimenti finiti nel dimenticatoio ce ne è una legata al fenomeno dei profughi che scappavano dalle aree più colpite del conflitto. La linea del fronte, nel triveneto, subì più volte avanzamenti e arretramenti e le popolazioni erano a volte protette dai nostri soldati, a volte invase dall’esercito austro-ungarico.
Le aree limitrofe, che erano però toccate solo indirettamente dal fronte, iniziarono ad essere meta di profughi. Ad esempio Rimini, non molto distante, dal Veneto, iniziò già nel 1916 ad accogliere i primi 2000 profughi. La popolazione della città riminese contava nel 1911 poco meno di 42.000, ma con la disfatta di Caporetto del 1917, in cui gli austro-ungarici sfondarono le linee italiane, nella città romagnola arrivarono altri 12.000 profughi.
Per accoglierli tutti, furono utilizzate diverse abitazioni estive (le cosiddette case vacanza). Non essendoci molto spazio in questi appartamenti estivi spesso vi stavano diverse decine di persone ed essendo utilizzate solo per la villeggiatura spesso non c’era neppure il riscaldamento. Ma erano così gli anni di guerra. Se pensiamo bene, quelle dinamiche, non sono molto distanti da quelle dei migranti di oggi.
La città romagnola iniziò una gara di solidarietà e si formarono diversi comitati pro-profughi. Di certo la popolazione era aumentata considerevolmente e quindi ci furono anche momenti non troppo rosei di convivenza, ma di certo la solidarietà fu davvero grande.
Il Comune di Venezia, tanto erano i suoi profughi nella città riminese, decise di aprire una sezione del comune stesso in una piccola palazzina di Rimini (villa Iolanda Margherita). In quel periodo, nella città romagnola, c’era anche la cosiddetta chiesa dei veneti dove erano gli stessi preti veneti a officiare le funzioni.
Conclusa la guerra, nel 1919, i profughi lasciarono Rimini per tornare nelle terre d’origine. Venezia fu sempre grata a questi gesti di solidarietà dei riminesi e per celebrare quella fine dell’esodo vi furono delle grandi celebrazioni con una cerimonia alla presenza delle autorità riminesi e veneziane.
Da queste storie avremmo forse da imparare molto anche oggi. Questi eventi che furono davvero emotivamente forti risiedono, oggi, solo più che su qualche libro o su qualche targa commemorativa in cui i più passano distrattamente senza darsene cura. E’ importante invece riportare alla luce questi fatti perché fanno parte della nostra storia e delle nostre radici e in qualche modo possono essere anche riflessioni per il mondo attuale.
Fonti Consultate: Il Soldato che correva, Targa Commemorativa Rimini