Quando un Parco Nazionale muore
Non è bastato il grido di dolore di Leo Autelitano, Presidente del Parco Nazionale d’Aspromonte, lanciato sui social nei giorni scorsi. E così si è consumata una tragedia nella tragedia. Quattro vittime, diversi ustionati, diverse persone evacuate e un danno ambientale incalcolabile, mentre gli incendi sono ancora in corso.
Per chi conosce l’area protetta sulla punta dello Stivale, le sue peculiarità e la sua storia è difficile trattenere le lacrime per questa immane tragedia con luoghi ad altissimo valore ambientale persi per sempre. Alberi secolari che sono andati in cenere in poco tempo nelle zone ad alta protezione del Parco, senza contare cosa può essere successo alla fauna e all’intero ecosistema che si è carbonizzato. Oltre a ciò ci sono state anche diverse aziende agricole andate in fumo e quindi la già difficile economia del luogo è stata certamente compromessa.
Il Parco d’Aspromonte aveva ottenuto proprio in questo 2021 due riconoscimenti internazionali importanti. Il GeoPark UNESCO, legato alle particolarità geologiche dei luoghi, e le faggete vetuste, boschi di faggio primordiali non disturbati dalla antropizzazione, che sono rientrate anch’esse nel patrimonio dell’umanità. Sembrava troppo bello per essere vero per un territorio troppo spesso, ancora oggi, associato ad un recente passato di cronaca nera. E niente invece è arrivata questa enorme tegola sulla testa. Miracolosamente le faggete vetuste, che si trovano paradossalmente in una valle chiamata “infernale”, sono state solo lambite dalle fiamme e sono (per ora) indenni.
Seppur le faggete siano salve, quasi 1/3 dell’area protetta, è stata interessata da roghi o incendi (così come evidente dalle mappe NASA), per questo l’entità dei danni è incalcolabile e segna di fatto la morte o quasi di un’area protetta. Morte, non solo per una questione ambientale, ma anche per la poca forza che hanno nel nostro Paese questi Enti di Protezione che, con grande fatica e forse troppa burocrazia, tentano di strappare alla mano ingorda dell’uomo questi luoghi così preziosi e delicati. Difficile ora capire se vi siano stati ritardi per dichiarare lo Stato di Emergenza, ma di fatto è che con tutti gli incendi sparsi per la Penisola non era facile gestire il tutto e non sono bastate le squadre antincendio locali, stremate, per contenere gli incendi. L’aiuto sarebbe servito subito e dal cielo, ma visto ciò che è successo è stato probabilmente tardivo. Ovviamente in queste situazioni i Canadair non sono mai abbastanza.
Il Parco Nazionale d’Aspromonte, nato con grande fatica ad inizio anni ’90, ha visto la luce grazie alle spinte di chi aveva avuto la lungimiranza di tutelare un territorio così ricco di biodiversità. Un territorio talmente isolato che oltre a mantenere intatte alcune specie di flora molto preziose (ad es. la Woorwardia Radicans), ha mantenuto nelle comunità locali il dialetto greco risalente al periodo Bizantino o addirittura alla Magna Grecia. La nascita del Parco avveniva proprio alla fine di quel periodo che l’opinione pubblica aveva ormai associato quel territorio al malaffare e al periodo dei sequestri. Difficile scollarsi di dosso quell’etichetta, anche a distanza di anni, si possono mostrare al mondo anche le bellezze naturalistiche più peculiari, ma per i più questi territori saranno relegati a luoghi di serie B, così come è la stessa Regione Calabria, vittima di se stessa e vittima dell’abbandono.
A pensare male si fa peccato… ma mi chiedo, se questo fosse successo in altre aree protette più “blasonate” del Paese saremmo arrivati allo stesso punto o ci sarebbe stata una mobilitazione maggiore? Che sia ben chiaro l’allarme è partito con il freno a mano tirato anche dalla stessa Calabria. E’ dovuto purtroppo succedere l’irreparabile e in un destino nero, quasi segnato per l’Aspromonte, si è arrivati nuovamente sulle prime pagine nazionali per la cronaca nera, la cronaca della morte di un’area protetta.
E visto che oggi il Parco Nazionale d’Aspromonte è balzato tristemente alla cronache, colgo anche l’occasione per dire che già un colpo fatale gli era stato inferto nel 2008. Nel silenzio assordante di quasi tutti, istituzioni, associazioni ambientaliste, cittadini e con un atto dell’allora Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo in accordo con la Regione Calabria, il Parco fu riperimetrato perdendo ben 12.000 ettari di area protetta. Si è passati così da 76.000 ha a 64.000, lasciando a nostro uso e consumo un territorio delicato. Scrissi un articolo di denuncia su questo tema e a ancora oggi voglio gridare allo scandalo di questo vero e proprio furto, che fu una sorta di primo requiem per l’area protetta conclusasi in questi giorni con di fatto la cremazione. Non ci sono più lacrime, ma solo tanta rabbia per quello che è successo sia nel 2008 che quello è successo oggi.
Ora bisogna ricostruire a livello morale ciò che è accaduto, mentre ci vorranno secoli che la natura ricostruisca quello che l’uomo ha distrutto in pochi giorni. Sicuramente nel giro di qualche settimana l’opinione pubblica avrà già dimenticato che l’Aspromonte è bruciato e si tornerà nell’assordante silenzio che forse nel passato aveva permesso di mantenere questo scrigno nascosto. Nel silenzio si continuerà qui e altrove a pensare che all’uomo tutto sia dovuto e tutto ci appartenga, ma non ci rendiamo conto che stiamo distruggendo casa nostra che ci è stata solo data in comodato d’uso. Per qualcuno, ancora oggi, chi è più sensibile a questi argomenti, viene definito “Gretino”, ma crediamo che i veri cretini siano altri, chi appicca gli incendi e chi è connivente con questo sfruttamento dell’ambiente e sghignazza su questi temi.
E’ davvero difficile sintetizzare i sentimenti dopo questi accadimenti, si vorrebbe gridare e allo stesso tempo starsene in silenzio, è difficile a caldo capire le dinamiche e rendersi conto che quei boschi, quasi inespugnabili e antichi, sono ormai scheletri carbonizzati. Forse non ci rendiamo abbastanza conto che questi beni sono di tutti e che dovremmo tutti essere indignati. L’unica speranza che quanto successo sia da monito per tutti noi e per le istituzioni affinché si investa di più per proteggere il patrimonio ambientale che ci è stato dato solo in prestito.
Concludo con il mio personale ringraziamento a tutti coloro che si sono prodigati per spegnere gli incendi, gli immensi volontari e le tante squadre della Protezione Civile giunte dal centro e nord Italia. L’uomo è così, c’è chi distrugge, e chi cerca di salvare. Addio Aspromonte!
Si ringrazia Giuseppe Vottari per gli scatti.
Fonti consultate: Corriere.it, UNESCO, LaC news, Parco Nazionale d’Aspromonte.