Parco Aspromonte: dopo gli incendi che cosa fare?
Abbiamo seguito da vicino i devastanti incendi che hanno distrutto diverse aree del Parco Nazionale Aspromonte, così come altri incendi che questa estate hanno distrutto ettari e ettari di boschi in tutta Italia. Avevamo lanciato l’allarme da queste pagine dove si denunciava la gravità di un vasto incendio in una delle aree più delicate della Penisola che è proprio il parco nazionale più a sud del Paese.
Ora a distanza di alcune settimane, dopo che gli incendi si sono propagati per diverse aree del parco calabrese, è iniziata la conta dei danni alla biodiversità. A tal proposti abbiamo raggiunto al telefono il Presidente delle Guide Ufficiali del Parco Nazionale d’Aspromonte, Luca Lombardi. La loro associazione, grazie a sistemi informativi geografici (GIS) e a carte satellitari, ha iniziato a fare una prima stima delle aree percorse delle fiamme.
L’incendio ha colpito in particolare l’area più a sud del Parco, seppur quasi tutta l’area protetta è stata toccata da focolai di incendio. Mediante una carta di censimento della biodiversità, elaborata mediante tecniche di telerilevamento (tecnica che mediante le radiazioni emesse dai corpi e tramite satellite individua le varie componenti biotiche e abiotiche), si è sovrapposta ad una carte satellitare delle aree incendiate durante questo evento.
Nell’area esaminata da Elvira Castiglione, Giuseppe Martino e Francesco Manti, riguardanti la sola parte del meridionale, sono andati persi ben 7.300 ettari di vegetazione. Se contiamo che l’intero Parco Nazionale conta di 65.600 ettari con questa prima stima possiamo indicare una perdita dell’11% dell’area protetta. Contando che ci sono stati altri focolai in altre aree del Parco non sarà difficile arrivare al 15%.
Gli incendi hanno devastato diverse aree con diverse specie prevalenti. Ovviamente insieme alla vegetazione si è distrutto di fatto un intero ecosistema fatto di fauna e micro-fauna. Immaginate cosa ne è stato di tutti gli insetti che sono parte fondamentale e integrante di un bosco, così come tutti gli altri animali che vivono queste che erano aree ad alta tutela.
Dopo un evento del genere, c’è la corsa a voler rimboschire e voler contribuire con denaro, ma come afferma il Presidente delle Guide, non servono ne piante ne soldi, serve invece fare monitoraggio delle aree, prevenzione e informazione. Non basta piantare nuovi alberi per cancellare quello che è successo. Gli ecosistemi distrutti erano frutto di secoli di equilibri createsi fra le specie che vivevano quelle aree, e non basta mettere due alberelli (magari senza uno studio scientifico) per pulirci la coscienza.
Ormai in diverse aree protette si lascia che la natura stessa si ricostruisca pezzo per pezzo. Ci sono altri esempi come quello del Parco Nazionale del Gran Paradiso, che a seguito delle enormi valanghe dell’inverno 2008/2009, dove migliaia di piante erano state sradicate dalla forza delle neve, che si è deciso di lasciare alla natura fare il suo corso.
Di certo bisognerà vedere come evolveranno le condizioni nei prossimi anni, perché aver perso boschi d’alto fusto, possono anche portare all’aumento dell’erosione e alla conseguente generazione di frane. Inoltre bisogna anche ricordare che il processo sarà forse un po’ più lento visto che si è utilizzata acqua di mare per spegnere gli incendi. Il terreno avrà un carico salino che se non ben dilavato dalle piogge potrebbe far ritardare un po’ la rinaturalizzazione. La natura però è forte e all’interno di essa c’è una continua lotta per la sopravvivenza e per la rinascita e già essa stessa “sta già lavorando” per rigenerarsi. Purtroppo non avremo possibilità di vedere la biodiversità che andata persa, perché ci vorranno centinaia di anni, ma neppure creandola artificialmente con ripiantumazioni non potremo mai avere quanto perso.
Dunque cosa può fare ognuno di noi? Lasciare lavorare tecnici e enti preposti affinché si continui a gestire l’aree protetta con azioni di formazione, prevenzione e sensibilizzazione sull’importanza di questo patrimonio. Solo così si potrà sconfiggere il nostro malcostume e il malaffare. E un ultimo se vogliamo davvero contribuire alla conservazione del patrimonio, quando camminiamo in questi boschi non lasciamo la nostra traccia, ma piuttosto armiamoci di un sacchetto per raccogliere la maleducazione di chi pensava che l’ambiente fosse il suo immondezzaio.
Per consultare le attività delle Guide Ufficiali dell’Aspromonte vi segnaliamo la loro pagina Facebook.