Vivere agli antipodi
In questo periodo il contatto con i miei affetti è un po’ complicato per via della differenza di fuso orario, e mi capita di telefonare alla mia compagna appena sveglio, proprio mentre lei sta andando a letto. Siamo lontani, lontanissimi ma alla battuta di qualche conoscente: “certo, più lontano di così non saresti potuto andare” il mio animo combattuto tra narrazione e razionalità si mette in moto. Qual è il luogo più lontano?
Un numero che rimane in testa è la lunghezza dell’equatore, circa 40.000 km. Considerando la Terra una sfera (per questi conti approssimativi non si sbaglia), la distanza massima tra due punti sulla superficie della sfera è pari alla semicirconferenza con raggio uguale a quello della sfera stessa. A conti fatti 20.000 km. Due punti che su una sfera si trovano a questa distanza appartengono, a meno che non si trovino entrambi all’equatore, a due diversi emisferi e si dicono punti antipodali.
La questione degli antipodi fu già trattata da Eratostene e Cicerone. In particolare Cicerone individuò, nell’ecumene, quattro diverse zone dicendo che “rispetto alla nostra posizione, esistono popoli che abitano obliqui (sul nostro meridiano, ma nell’emisfero australe), altri transversi (sul nostro parallelo, ma sull’opposto meridiano, nelle regioni orientali), altri ancora adversi ovvero agli antipodi” (fonte: Treccani, che evince la descrizione da Academicae quaestiones II 39, 123). Due punti agli antipodi sono opposti sia in termini di ora del giorno sia in termini stagionali, ovvero differiscono di 12 ore e di due stagioni: “qui adversis vestigiis stant contra nostra vestigia” per dirla ancora con Cicerone, il quale immagina uomini con piedi per terra che hanno direzione (o meglio verso) opposto al nostro.
Gli antipodi tornano alla ribalta con la questione vespucciana, quando Amerigo scrive al Magnifico “Arrivai alla terra degli Antipodi, e riconobbi di essere al cospetto della quarta parte della Terra. Scoprii il continente abitato da una moltitudine di popoli e animali, più della nostra Europa, dell’Asia o della stessa Africa”, chissà se era vero. Fior fior di geografi, scienziati e filologi non hanno ancora capito se Vespucci abbia veramente scritto questo passo e, in quel caso, se sia vero quello che dice.
Posto che ora mi trovo a circa 15.000 km da casa, il punto più lontano che avrei potuto raggiungere partendo da Trento è al largo della Nuova Zelanda. La Nuova Zelanda dista dall’Italia 19.000 km è quindi all’incirca la Nazione antipodale. Divertendosi a considerare la sola parte peninsulare dell’Italia ed accostando le due superfici si trovano anche alcune analogie: considerando solamente le due isole maggiori la Nuova Zelanda ha una superficie di 266.000 km2, mentre l’Italia peninsulare ne ha 252.000 km2. I climi sono entrambi temperati ma per ovvie ragioni trovandosi la nuova Zelanda in mezzo all’Oceano Pacifico risente molto di questo aspetto. La grossa differenza è senz’altro nel numero abitanti, che in Italia sono circa 12 volte rispetto a quelli dello stato oceanico.
Operando una completa sovrapposizione di Italia e Nuova Zelanda, con il nostro stivale rigorosamente capovolto, si possono trovare curiose corrispondenze, ad esempio tra Wellington e Roma, mentre la città più popolosa, Auckland, non sarebbe troppo distante da Bari. Le città dell’isola del Sud, più piccole, Christchurch e Dunedin, sono entrambe città di mare, all’incirca all’altezza delle gloriose repubbliche marinare di Pisa e Genova. I parallelismi non sono finiti perché nell’isola del Sud le Alpi Meridionali hanno altezze più ragguardevoli della catena montuosa che interessa l’isola settentrionale, mentre per l’idrografia mi fermerei ai diversi laghi di origine vulcanica, senza avventurarmi nei fiumi locali, per i quali avrei un simpatico aneddoto sul fiume Waikato. Insomma, la terra dei kiwi e l’Italia potrebbero essere considerate quasi delle nazioni gemelle, legate da curiosità geografiche e da un immaginario che, là come qui, ci porta a fantasticare tratteggiando un luogo dall’alterità così spiccata e dalle analogie così curiose.