Errare humanum est – un libro, un percorso, un atteggiamento di vita
È ormai passato un anno dall’inizio della collaborazione con GeoMagazine.it. Un anno per me ricco di soddisfazioni che, oltre alla sfera professionale, hanno investito decisamente la sfera personale. Ma i due aspetti non sono né separati né tantomeno in contrasto. Ho scritto due dozzine di articoli durante quest’anno, trattando temi geografici, tecnici e vagamente filosofici. Ci ho provato. Soprattutto ho avuto la grande soddisfazione di pubblicare un libro, che vorrei ancora raccontare, se me lo consentite.
“Un’identità errante” è un testo che si presta particolarmente alla metafora poco originale del viaggio. Dal rapimento di Zeus, Europa ha fatto un sacco di strada, diventando in epoca moderna il cosiddetto vecchio continente. I viaggi degli esploratori, ma anche i viaggi di uomini e donne europei all’interno del territorio continentale, hanno creato traiettorie storiche, percorsi ed itinerari. Questo viaggio, pertanto, vuole diventare un percorso, un’azione fondante in quanto compiuta a piedi, un’azione che lascia una traccia reale, dà origine ad un sentiero che nel corso della storia si è consolidato in strade selciate e ferrate, e poi asfaltate. Il viaggio come itinerario è ben appresentato anche dai nostoi, dalle peregrinazioni di Odisseo ed Agamennone, imprese mitologiche che incarnano la cultura e l’esperienza odeporica nell’immaginario collettivo europeo. E se come dice Leed, il viaggio è “una forza centrale e non periferica delle trasformazioni storiche”, è proprio grazie a spostamenti e percorsi che vengono mappati spazi e connessioni.
Un lavoro sugli itinerari europei vuole offrire una chiave di lettura, uno o più spunti di riflessione sulle tematiche identitarie e una serie di stimoli a mettersi in cammino, anche in senso figurato, alla scoperta di quello che l’Europa rappresenta nel sentire comune, e di come il «cammino geografico» possa far scoprire o riscoprire una vocazione alla lettura di queste rappresentazioni. In un periodo di forte incertezza, ai tempi della Brexit e con una pandemia che ci ha costretto a ripensare tempi e spazi, sembra doveroso ribadire, nei fatti, che l’Europa non può essere un comitato d’affari o una finanziaria multinazionale. La via Francigena è un percorso culturale che, inserito nelle route del Consiglio d’Europa e candidato a patrimonio dell’UNESCO, porta attraverso il continente un carico di storia, vissuti, esperienze, incontri che convergono in un termine anglosassone dalla connotazione fortemente europea: Heritage. Il patrimonio culturale, l’heritage, può comporsi su scale diverse e costituire elemento identitario nei fenomeni regionalistici e nazionalistici, ma può senz’altro comporsi anche a livello continentale. In questo senso i percorsi culturali, essendo diffusi e transnazionali, sono le componenti privilegiate e di maggior importanza di questo patrimonio.
I viaggi offrono una risposta al bisogno identitario, ed il viaggio a piedi attraverso l’Europa offre la possibilità di riflettere su aspetti sia personali sia sociali, toccando davvero la dimensione spaziale intima, quella relazionale legata all’ospitalità, quella politica legata all’identità, alla ricerca di un fil rouge di carattere plurinazionale. Questa dinamica è senz’altro favorita dalla dimensione temporale che, in questo tipo di esperienze, viene dilatata e rallentata, per rimanere al passo coi nuovi pellegrini. L’effettiva radicazione dei legami culturali, su base non solo religiosa, che passa tra Albione e l’Urbe sarà scoperta da ognuno a proprio modo, con una narrazione che forse questo lavoro può ispirare o aiutare a comprendere. Probabilmente l’antica tassonomia porta a classificare questa esperienza con il termine “turismo”. Il Gran Tour è però un fenomeno moderno che nasce a fine ‘600 come pratica elitaria, per divenire turismo di massa e standardizzato nel ventesimo secolo. Un’esperienza di walking tourism può costituire un obiettivo ambizioso dal punto di vista fisico ed organizzativo, mentre un percorso culturale le affianca una connotazione intellettuale. Esso si è ispirato in passato a motivi squisitamente religiosi per avvicinare progressivamente ragioni di tipo diverso. I villaggi lungo la Via Francigena hanno plasmato il loro sviluppo e la loro territorializzazione proprio in virtù della loro posizione. Attraverso questo percorso si possono ritrovare le radici culturali di un itinerario che proprio attraverso la Francia immagina una grande cultura europea nata dai viaggi a piedi di pellegrini, mercanti, chierici vaganti. Le cesure che scandiscono il cammino sono molte, e di diverso tipo. Il tempo ha visto sfilare la contrapposizione medievale tra impero e papato, poi le riforme protestanti ed il cuius regio eius et religio, i lumi e la definitiva affermazione degli Stati Nazione. Nel 2021 la via Francigena si snoda in quattro Stati, di cui solo due sono membri della Comunità Europea, mentre tutti fanno parte del Consiglio d’Europa. L’esperienza turistica, l’anno sabbatico, la fuga, forse il nuovo smart living dell’atteso nuovo corso portato dalla pandemia da cui stiamo faticosamente uscendo, l’estate on the road della maturità, anche nella maturità della vita, possono essere riempite e colmate da questa esperienza, ed il mio libro fornisce qualche strumento utile per riflettere su tutto questo.
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