Nuovo record italiano in dolina: -50.6°C sul fondo della Busa Riviera (TN)
In presenza di cielo sereno e in assenza di vento, alcune doline di origine carsica subito dopo il tramonto cominciano a “fabbricare” un vero e proprio lago di aria gelida. Il terreno comincia a perdere calore, così come i pendii circostanti. L’aria diviene sempre più fredda, divenendo più densa e più pesante, ed essendo essa un fluido aeriforme che si comporta in maniera molto simile all’acqua, i suoi movimenti in assenza di altri fattori sono determinati dalla forza di gravità.
Nasce così il cold air pool, uno strato di aria gelida che provoca un gradiente accentuato nei primi metri nei pressi del suolo e permette valori estremamente gelidi rispetto al contesto esterno.
LE RILEVAZIONI ARPAV
Il bilancio delle temperature nella stagione invernale 2021-22, sui rilievi del Veneto, rivela come il trimestre fra dicembre e febbraio non sia stato freddo, anzi, sulle Dolomiti e sulle Prealpi la temperatura media è risultata rispettivamente 1.3°C e 1.5°C superiore alla norma (valore medio delle stazioni meteorologiche montane).
Tale considerazione può essere estesa anche al limitato contesto delle depressioni attualmente monitorate da Arpav, ovvero Buson di Marcesina e Campoluzzo, sulla montagna vicentina, e Busa Riviera sull’Altopiano delle Pale di San Martino, a cavallo delle province di Trento e Belluno, risultate tutte circa 1°C meno fredde del normale.
Anche analizzando le temperature minime estreme, caratteristica peculiare e più nota delle depressioni, si evince come non si siano quasi mai registrati valori particolarmente bassi, con minime assolute, il 7 gennaio, “solo” di -34.0°C a Campoluzzo e -31.4°C a Buson di Marcesina (diciamo “solo” perché queste due località, negli ultimi anni, hanno anche raggiunto o superato i -40°C).
Tuttavia, proprio nella notte fra il 6 ed il 7 gennaio, sul fondo della Busa Riviera, a 2634 m di altitudine (Fig. 1) è stata raggiunta una temperatura di -50.6°C. Si tratta del valore più basso in assoluto misurato finora da Arpav durante il monitoraggio delle depressioni fredde, iniziato nel 2005.
Il record precedente spettava alla vicina Busa Fradusta, dove, il 10 febbraio 2013, si raggiunsero i -49.6°C.
UN RECORD GIA’ SFIORATO ALTRE VOLTE
Valori molto vicini a -50°C sono stati comunque registrati altre volte nelle depressioni di questo altopiano (Fig. 2), monitorato anche dall’Associazione Meteotriveneto, con la quale ARPAV ha recentemente stipulato un rapporto di collaborazione.
Infatti, nella Busa del Miel, nel febbraio 2018, lo strumento di Meteotriveneto misurò una minima di -49.4°C e nella stessa Busa Riviera, nel febbraio 2019 erano stati toccati i -49.5°C.
Quindi valori termici attorno a -50°C non devono essere considerati straordinari per le conche dell’Altopiano delle Pale di San Martino ed è probabile che nei decenni precedenti si sia scesi più volte sotto tale valore, solo che non era presente alcun termometro per poterlo testimoniare.
Va sottolineato che la temperatura a Busa Riviera il 7 gennaio sarebbe potuta scendere di altri 1-2°C, visto che i -50.6°C sono stati misurati alle ore 3.15, in fase di graduale diminuzione notturna. A far rialzare, anche repentinamente, la temperatura è intervenuto il vento, che ha rimescolato l’aria intrappolata nella depressione, con gli strati più gelidi in basso, e di conseguenza ha prodotto un riscaldamento, risultato più significativo sul fondo.
Nella Busa di Manna, monitorata da Meteotriveneto, la temperatura si è fermata a -47.5°C.
UN MICROCLIMA PARTICOLARE
E’ opportuno ribadire che tali temperature estreme non sono rappresentative del contesto dell’altopiano, ma si riferiscono al fondo di queste conche, caratterizzate da questo particolare microclima.
Infatti sul bordo di queste doline o nelle zone limitrofe, fuori dalle concavità del terreno, i valori termici sono ben diversi e lo testimoniano i dati registrati dalla stazione meteorologica “Ghiacciaio Fradusta”, a 2720 m, di Meteotrentino, il Servizio meteorologico della Provincia di Trento, che il 7 gennaio ha registrato una minima di -15.9°C, un valore cioè 35°C più alto rispetto a quello di Busa Riviera.
Anche i due punti di misura di Meteotriveneto, a Sella di Manna, a 2592 m, e alla stazione di arrivo della funivia Rosetta, con minime rispettivamente di -14.4°C e di -22.0°C, confermano valori termici molto distanti da quelli delle citate depressioni. Tali minime sono invece abbastanza vicine a quella di -14.0°C registrata quel giorno nel paese di San Martino di Castrozza, dalla stazione meteorologica di Meteotrentino, a 1470 m. A tal proposito, è evidente ed ovvio come non si possa in alcun modo associare il valore record al sottostante paese trentino.
IN CONTRASTO CON IL GLOBAL WARMING? ASSOLUTAMENTE NO
E’ altrettanto evidente, inoltre, come non ci debbano essere dubbi riguardanti l’apparente contrasto fra la fase attuale di riscaldamento globale del pianeta (Global warming) ed il freddo estremo misurato sull’altopiano delle Pale di San Martino ad inizio anno.
Per le depressioni fredde, infatti, è sufficiente una sola notte, in condizioni meteorologiche ideali allo sviluppo del loro microclima, per poter innescare notevolissimi raffreddamenti. Tutto questo durante un inverno risultato circa 1°C più caldo del normale, in linea, questo si, con il riscaldamento globale.
LA NOTTE DEL RECORD
Tornando al 6-7 gennaio scorso, vediamo nel dettaglio cos’è successo sul fondo della Busa Riviera. Iniziamo ribadendo che il freddo estremo notturno all’interno delle conche si genera solo in concomitanza di cielo sereno e calma di vento, oltre che in presenza di neve fresca caduta nei 2-3 giorni precedenti e di una massa di aria fredda.
La presenza di neve esalta tramite l’albedo, l’emissività e la scarsa conducibilità, l’abassamento termico. In questo caso le caratteristiche del suolo e della sua superficie perdono importanza e gran parte dei processi di scambio radiativo e di trasmissione del calore avvengono sullo strato pellicolare esterno della neve, che diventa la superficie radiante. La presenza di neve fresca e farinosa, colma di aria e quindi di bassa conducibilità (che permette scarsa fuoriuscita dei flussi di calore di cui ormai abbiamo capito la presenza) è considerata ideale per un maggior raffreddamento.
Nel grafico (Fig. 3) si possono osservare gli andamenti delle temperature, misurate ogni 15 minuti, a Busa Riviera e sul vicino Ghiacciaio della Fradusta.
Dopo la nevicata del giorno 5, con 30-50 cm di neve fresca stimati, in base alle misure delle vicine stazioni nivo-meteorologiche, il giorno 6 il cielo era già sereno, con vento in quota moderato nel corso della giornata, a tratti teso. Come si può notare, fino al primo pomeriggio del giorno 6 le temperature dei due siti sono molto simili (fra -13°C e -19°C) per effetto “rimescolante” del vento, addirittura coincidenti nel corso della notte. Poi il vento comincia ad attenuarsi, inizialmente in maniera irregolare (vedi primi, marcati raffreddamenti nella dolina nel pomeriggio), poi in serata la ventilazione diventa molto debole o nulla e consente all’aria fredda contenuta dalla conca di Busa Riviera di iniziare un progressivo, marcato raffreddamento, mentre sul ghiacciaio la temperatura rimane stabile.
Nella conca alle ore 21 la temperatura è già precipitata a -39.9°C, alle 22 -44.3°C, alle 23 -47.1°C, fino a raggiungere a mezzanotte i -48.4°C. Nelle primissime ore del giorno 7 il calo termico continua e alle ore 1.30 vengono raggiunti i -50.0°C. Da questo momento, fino alle 3.30, la temperatura rimane sempre sotto tale soglia, con una minima, alle 3.15, di -50.6°C.
Poi, improvvisamente, la temperatura subisce un forte aumento, soprattutto fra le 4.15 e le 4.30, quando passa da -43.9°C a –22.4°C (21.5°C in un quarto d’ora), fino a portarsi a -18.8°C alle ore 5.00. A causare questo notevole innalzamento termico è il vento che, come detto, rimescola quasi istantaneamente la massa d’aria che ristagnava nella dolina. Poi, fino a metà mattinata, la temperatura oscilla fra -16°C e -32°C, con andamento modulato dalla ventilazione.
DISPERSIONE DI CALORE IN PIENO GIORNO
Molto interessante è invece quello che accade fra la tarda mattinata e la metà del pomeriggio, quando il fondo della conca, sempre in ombra fra metà dicembre e metà gennaio, subisce un insolito raffreddamento, passando da -19.4°C delle 10.15 ai –39.9°C delle ore 15.15.
Anche in questo caso è l’attenuazione del vento a favorire questo crollo di 20°C in pieno giorno, con la complicità dell’assenza di sole che permette allo strato superficiale della neve, e di conseguenza all’aria a suo contatto, di perdere calore e quindi di raffreddarsi. Un fenomeno che si manifesta in maniera così eclatante solo nelle depressioni.
Nella presentazione e valutazione di questi dati è comunque sempre opportuno considerare il carattere di ricerca scientifica di questo monitoraggio, mirato ad un ristretto ambito territoriale, non rappresentativo delle aree limitrofe.