Gestire la montagna fra fragilità e cambiamenti climatici
La montagna è forse il luogo dove maggiormente si può stare a contatto con la natura più selvaggia, ma è anche il luogo dove si possono cogliere di più le fragilità e le vulnerabilità di un territorio. Fragilità che è insita in rocce e terreni che vogliono “toccare il cielo” e vulnerabilità per borghi arroccati e attività antropiche realizzate su queste fragilità.
Già Leonardo Da Vinci si era accorto di questa cosa e aveva sentenziato così “L’acqua disfa li monti e riempie le valli e vorrebbe ridurre la Terra in perfetta sfericità, s’ella potesse”. La citazione di Leonardo è una frase molto attuale e forse lo ancora di più oggi data la forte antropizzazione e i cambiamenti climatici.
Sul tema vorrei basarmi su una esperienza personale che mi ha visto impegnato nella gestione del territorio sulle Alpi dal 2015 al 2020. In quel quinquennio, da amministratore con delega ad ambiente e sostenibilità del Comune di Cogne, Parco Nazionale del Gran Paradiso, mi sono appuntato diversi eventi naturali e antropici che hanno interessato il territorio e che sono la chiara dimostrazione della fragilità della montagna e della difficoltà della gestione del territorio.
La valle di Cogne parte da quote di fondo valle che toccano i 500 metri (comune di Aymavilles) fino ai 4.061 metri della vetta del Gran Paradiso. Dunque troviamo tutte le fasce montane con cambi di vegetazione e diverse caratteristiche. Si trovano ghiacciai e permafrost, decine di corsi d’acqua, morene, diverse litologie di roccia, pendii più o meno scoscesi ecc. Diciamo che siti del genere sono oggetto di diversi pericoli naturali per vie della particolarità del territorio. Il Comune di Cogne si estende per ben 213 chilometri quadri e la sua superficie supera ad esempio quella del Comune di Milano o di Napoli. Dunque si può capire come gli amministratori si trovino a gestire un territorio enorme, ma con le forze di un Comune con poco più di mille residenti. Fatte le dovute premesse vi riporto alcuni degli eventi più salienti che abbiamo gestito.
COLATA DETRITICA
Partiamo dall’agosto del 2015 all’inizio del mandato. Un temporale estivo provoca una colata detritica nella strada della frazione Valnontey, dentro il Parco Nazionale Gran Paradiso. La località è una delle più gettonate del Parco, ma vista la situazione serve chiudere subito la strada. Chiudere una strada con tanti turisti non è una scelta banale e le critiche sono dietro l’angolo. Dal punto di vista climatico bisogna premettere che in queste zone delle Alpi le precipitazioni annue sono molto scarse (800 mm annui) e quindi i temporali estivi, carichi di energia, possono provocare forti temporali e apportare in poco tempo anche il 10% delle precipitazioni annue. Dopo diverse analisi fatte negli anni ho notato che quando la precipitazione oraria supera i 14 mm/h questa colata detritica che parta da quote elevate si attiva. L’intensità di pioggia supera quel valore e come previsto il fango scende. Così la strada viene subito chiusa, ma va riaperta in sicurezza al più presto e subito mezzi meccanici intervengono e in poche ore la strada è riaperta. Il prezioso lavoro degli operatori comunali è determinante. Mettere in sicurezze e garantire nuovamente il passaggio sono momenti non facili sia a livello decisionale che operativo, soprattutto quando sai che ci sono persone isolate.
ROTTURA LAGO EFFIMERO
Un anno dopo, nell’agosto 2016, succede un evento chiaramente legato ai cambiamenti climatici. E’ cosa ben nota che i ghiacciai delle Alpi si stiano sciogliendo. Su GeoMagazine.it abbiamo fatto diverse analisi. Sui ghiacciai del Gran Paradiso, si forma un lago cosiddetto effimero formato da acqua di scioglimento e nascosto fra i ghiacci. Il lago non era facilmente individuabile. E cosa succede? Succede che con le temperature elevate di agosto in montagna, il bordo del lago fatto di ghiaccio cede e si rompe. Avviene di fatto il fenomeno del “dam break” (rottura della diga) e si crea una onda anomala fatta di ghiaccio, detriti e acqua. Siamo in piena stagione turistica e le persone stanno sostando vicino al corso d’acqua per rigenerarsi. Fortunatamente la quantità dell’acqua (100.000 metri cubi) è tale da essere contenuta negli argini. Un caso. Ovviamente da valle subito non è stata chiara la dinamica e si crea il panico fra la gente in prossimità del corso d’acqua.
Si alzano gli elicotteri della protezione civile e si attiva la macchina dell’emergenza. Anche qui le scelte devono essere rapide. Il lago in alto si è svuotato, ma potrà riempirsi di nuovo. Ci sarà tempo di studiarlo. Nel frattempo si tira un sospiro di sollievo e piano piano la piena si esaurisce e l’emergenza rientra. Se il lago fosse stato più capiente, probabilmente il torrente sarebbe esondato e visto che splendeva il sole avrebbe sorpreso tutti, non vogliamo pensare a cosa sarebbe potuto succedere.
LA MONTAGNA FRANA
Una mattina di ottobre 2017 la frazione di Epinel, a seguito di un tonfo sordo, d’improvviso viene avvolta da una nuvola bianca. Una scarica di roccia si stacca dal Monte Pousset (3.046 metri). Questa montagna ha una vetta molto verticale a forma di piramide che qualcuno chiama il Cervino di Cogne. Da quota 2.800 metri si stacca per via di diverse fratture e faglie una grande quantità di roccia. L’acqua infiltrata nelle spaccature con i primi freddi autunnali congela e preme fino a rompere gli equilibri precari della roccia. Anche qui l’evento accade sopra i 2.500 metri a sufficiente distanza dai centri abitati. Certo in mezzo a quella massa di polvere è difficile capire subito cosa stia accadendo e anche qui ci si mobilita per capire se ci sono rischi per le persone. I sentieri vengono chiusi, ma si valuta che gli eventuali nuovi crolli rimarrebbero ben lontani dalle abitazioni. Così anche questa situazione viene gestita senza lasciare strascichi, ma di certo la montagna continuerà a sfaldarsi.
Video della frana:
TROMBA D’ARIA
Il 4 gennaio 2018 l’anno nuovo porta un’improvvisa sferzata di vento. Se in quota in montagna le raffiche di vento sono sempre molto forti, il fondo valle è sempre abbastanza protetto. Dunque il vento è sempre piuttosto moderato in paese. Invece quel pomeriggio forti raffiche iniziano a sradicare alberi e ribaltare oggetti, incluse strutture pesanti. Gli equilibri creati nel tempo, viste le deboli raffiche di vento, si destabilizzano e così il territorio diventa vulnerabile. Ovviamente nulla di paragonabile alla tempesta Vaia accaduta in Veneto, ma per circa una mezz’ora sale la preoccupazione. Gli sciatori sono diversi sulle piste e il pericolo che qualcuno venga colpito aumenta. Si esce subito in ispezione e a terra ci sono tanti gli alberi, ma fortunatamente si ha solo un ferito lieve e anche qui l’emergenza rientra. Ci si lecca la ferita e si riparte.
VALANGA
Sempre a cavallo di inizio anno 2018 una intensa nevicata, con neve piuttosto bagnata, accumula una grande quantità di manto nevoso in quota. Le temperature non troppe rigide non aiutano. I pendii sulle Alpi occidentali sono molto scoscesi e queste condizioni favoriscono l’innesco di grandi valanghe. La strada verso Aosta è una sola e seppur i paravalanghe siano molti, ci sono aree che sono scoperte soprattutto quando le condizioni sono estreme. Così si stacca la valanga di “Cartasse” sotto l’abitato di Epinel e una grande massa di neve occupa per diversi metri
l’intera carreggiata con un altezza di oltre 4 metri. Seppur faccia impressione questa nota valanga nota per fortuna arriva lentamente sulla strada poiché nell’ultimo tratto il pendio è dolce. Parte l’allarme e si chiude la circolazione ai mezzi per alcuni giorni perchè permane il rischio elevato di altre valanghe. Ovviamente essendo l’unica via di uscita dalla valle le polemiche sono molte, perchè la zona è totalmente isolata. Non è facile la gestione, ma la comunicazione in emergenza è fondamentale per dare corrette informazioni e spiegare bene alle persone cosa sta accadendo. La commissione valanghe si raduna di continuo con gli amministratori e analizza la situazione fino al rientro dell’emergenza quando la strada finalmente viene riaperta. Cosa ci insegnano questi eventi? Che con l’aumento delle temperature le masse di neve instabili diventano pericolose e i cambiamenti climatici non aiutano.
FRANA DI DETRICI ANTROPICI
Cogne è stata sede di una delle più importanti miniere di Europa per l’estrazione della magnetite che serve per fare l’acciaio. Durante le due guerre l’attività su queste montagne è stata febbrile e nell’estrazione del minerale, lo sterile (minerale di scarto) è stato depositato in un conoide che è stato riempito nei decenni da ghiaione. In quegli anni non c’era di certo attenzione alla stabilità dei pendii. Ma torniamo a noi. Siamo a giugno 2018 e dopo alcuni giorni di pioggia, si rompe l’equilibrio di questa massa sospesa da tempo e si innesca una corposa frana (10.000 metri cubi). I detriti arrivano direttamente sulla strada comunale per Lillaz. Anche qui sta iniziando la stagione estiva e la preoccupazione degli operatori turistici è elevata.
La frana viene ripulita subito, ma dopo qualche ora si innesca una nuova frana. Fortunatamente c’è una strada sterrata alternativa dunque il piccolo villaggio non rimane isolato, ma le polemiche sono anche qui molto forti. Chiudere o non chiudere? Durante un sopralluogo ho anche, casualmente, filmato in diretta il distacco di nuova frana, il video postato sui social del Comune ha destato preoccupazione e al posto di “calmare” le acque le ha agitate. Lo scopo era quello di informare, ma non è sempre facile farlo bene. La stessa procura con quel video aprirà una inchiesta contro ignoti per disastro ambientale, fortunatamente archiviata perché il fatto non sussiste. Ovviamente non è bello trovarsi in queste situazione per chi amministra il territorio, le incognite sono tante e i fenomeni su territori cosi vasti sono davvero imprevedibili, ma le responsabilità restano.
FULMINAZIONI RECORD
Arriva giugno 2019. Un fortissimo temporale carico di energia rilascia circa 1.000 fulminazioni sul territorio di Cogne, è probabilmente un record. Sembra di essere in guerra. Tuoni e lampi non sono così comuni in alta montagna, o meglio non in queste quantità e intensità. Anche qui ci si attiva per vedere se possono scatenarsi altre colate detritiche viste le intensità di precipitazioni. Si attiva qualche colata, ma nulla di particolarmente corposo. Ce la si cava con un po’ di fango sulle strade, ma senza particolari problemi. Di certo quella notte non la dimenticheremo.
ALLUVIONE LAMPO
Chiudiamo con la notte fra il 2 e 3 ottobre 2020. Una forte perturbazione, che per fortuna scorre rapidamente, rilascia in poche ore una grandissima quantità di acqua. I torrenti crescono rapidamente e iniziano ad esondare già dalle prime ore del mattino. Si attivano colate detritiche e si inizia a rompere qualche argine. Nelle stesse ore la perturbazione sta devastando Limone Piemonte in provincia di Cuneo. Nella valle di Cogne si toccano picchi di 30 mm/h che sono davvero elevati per queste zone. Come dicevo in precedenza bastano 14 mm/h per attivare alcune colate da queste parti. La fortuna di questo evento ha voluto che la perturbazione non sia rimasta molto sul territorio e si sia mossa rapidamente verso est, ma soprattutto che i grandi lavori a seguito dell’alluvione del 2000 abbiano tenuto. Quell’evento di inizio millennio è stato devastante per la valle di Cogne con danni per milioni di euro e cicatrici che si vedono bene ancora oggi. Di certo gli investimenti in protezione del territorio dopo quell’evento sono stati determinanti per evitare danni pesanti in questo evento accaduto esattamente vent’anni dopo.
Video piena (credit M.Danna):
Quanto riportato sopra sono solo alcuni dei principali eventi che ho vissuto e che ho seguito con i miei colleghi nella gestione dell’emergenza e nella comunicazione. Amministrare un territorio è cosa oggi molto difficile, amministrare un territorio esteso e di alta montagna è ancora più complicato. Essendo quella di Cogne una realtà turistica che decuplica le persone durante i periodi di vacanza, ci si trova a gestire la situazione con una struttura di un Comune che ha pochi residenti. Questo è solo un esempio di uno dei tanti comuni di montagna italiani, dove queste situazioni accadono quotidianamente, ma non sempre arrivano sui giornali. La montagna è anche in via di spopolamento e queste condizioni non aiutano. Per affrontare questi problemi e non abbandonare questi paesi sono necessarie alcune azioni.
Innanzitutto bisogna investire in prevenzione e protezione del territorio. Gli investimenti in quel senso abbiamo visto che funzionano. Seconda cosa bisogna fare formazione dei cittadini e ospiti e fare una accurata comunicazione. Cittadini informati possono evitare di mettersi in pericolo, ma capire realmente cosa accade senza lasciarsi andare sui social a commenti da leoni da tastiera. Per quanto riguarda gli amministratori il lavoro è molto difficile, oltre che pieno di responsabilità, ed è importante che si prenda coscienza di questo anche a livelli alti e si dia supporto ai piccoli Comuni. La montagna per essere vissuta deve essere vissuta in maniera sostenibile e deve essere sostenuta e gestita in maniera oculata per permettere a tutti di fruire dei nostri territori più belli anche in tempi di cambiamenti climatici.