Il Risorgimento sbiadito
Alla domanda, quanto è nato il Regno d’Italia, sono pochi gli italiani che rispondono: 17 marzo 1861. Certo non è una cosa grave non ricordarsi una data anche perché a volte non ci ricordiamo neppure i compleanni delle persone più care; ma questo non sapere o ricordare quel periodo storico è sintomo di uno sbiadimento della storia del nostro Paese. Sono trascorsi ormai oltre 160 anni dall’Unità d’Italia e come sappiamo certe cose del passato vengono via via accantonate. Per contro è anche vero che sulla storia della Roma Imperiale, che risale a 2.000 anni fa, c’è probabilmente una maggiore conoscenza e consapevolezza di quello che fu. I grandi monumenti rimasti in piedi sono di certo di aiuto nel ricordare le gesta dei romani.
Il Risorgimento invece, che di fatto è stato un grande movimento culturale (non solo italiano), non ha lasciato segni tangibili con infrastrutture o monumenti, ma ha però cambiato la storia d’Italia e dell’intera Europa. Anzi, su quel periodo storico che copre più o meno tutto l’800, è in corso un revisionismo spesso basato su bufale. Sui social sono diverse le pagine che contestano la nascita del nostro Paese, ma fortunatamente c’è chi fa lo storico di professione e che puntualmente smonta queste tesi che non si basano su documenti o fonti attendibili.
C’è da notare che a volte sono i giornalisti stranieri a ricordarci la nostra storia. Ad esempio è interessante il libro, uscito da poco, “Il cammino dell’eroe: a piedi con Garibaldi da Roma a Ravenna” del giornalista inglese Tim Parks. Lo scrittore ripercorre a piedi la ritirata dell’eroe dei due Mondi dopo l’esperienza rivoluzionaria della Repubblica Romana del 1849. E’ dalle sue parole e da un occhio esterno che ci giunge una visione più oggettiva di questa impresa e dell’estremo sacrificio di Anita. Allora si lottava per un ideale e per la libertà e il libro di Parks ci fa rendere conto di quanto fosse importante quel fermento culturale rivoluzionario che invase l’intera Europa del 1800. Da come si immedesima l’autore, le emozioni di ripercorrere quel percorso sulle orme di Garibaldi sono ben evidenti e ci fanno riflettere di come noi italiani a volte non cogliamo la nostra stessa storia.
L’Italia era dai tempi di Dante che aspettava di essere unita (ahi serva Italia ecc), di certo non era un problema delle masse al tempo del medioevo, ma con il passare dei secoli certi ideali, relegati agli intellettuali, passarono alla borghesia e poi al popolo. Il Risorgimento è chiaro che fu soprattutto appannaggio del ceto medio che stava prendendo via via piede con la rivoluzione industriale, ma anche il ceto proletario sentiva il bisogno di maggiori libertà e di benessere. Va ricordato che ad inizio 1800, con la Restaurazione dopo Napoleone, gli stati Europei e quelli italiani erano tornati a governi con monarchie assolute dove le libertà basilari erano negate.
I martiri di quella ribellione all’oppressione furono tantissimi. Tanti giovani sognatori che decidevano di partire volontari per i diversi tentativi di creare dei governi democratici. L’obiettivo era cacciare i monarchi assolutisti oppure gli austriaci che in quel periodo storico, con diverse ingerenze, controllavano buona parte della Penisola. Come dimenticare la rivoluzione siciliana del 1848 contro i Borbone, le cinque giornate di Milano contro gli austriaci, la Repubblica romana contro l’assolutismo papale o la nuova Repubblica Serenissima veneziana sempre contro il giogo austriaco? Andate a rileggere gli scritti di chi le ha vissute queste storie e quegli entusiasmi, ne vale la pena. Purtroppo quei tentativi di dare nuove forme costituzionali e di libertà vennero tutti sedati nel sangue. Storie ormai dimenticate di persone, che oggi, ci risultano anonime e danno solo più un nome a svariate vie italiane.
Anzi, adesso, tendiamo a non tenere conto di quell’importante fermento culturale e si vuole, senza fonti, dimostrare che invece si stava bene al tempo degli Stati Preunitari. In particolare la “questione meridionale”, che attanaglia il sud da secoli, la si vuole fare ricadere come causata dall’Unità d’Italia. Si tenta di far passare il Regno delle Due Sicilie come un mondo fatato e dorato, ma purtroppo le stesse statistiche borboniche dicono ben altro. Un alto tasso di analfabetismo, leggi liberticide e poco sviluppo. La ricchezza era in mano a pochi nobili latifondisti e il resto della popolazione non se la passava bene, soprattutto chi era lontano dai due grandi centri: Napoli e Palermo. Una chiave di lettura può essere data dalla famosa frase del Gattopardo “Bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi” e cioè che i grandi latifondisti del sud volevano continuare a mantenere i propri privilegi anche con il passaggio all’Unità d’Italia. Possiamo senza problemi affermare che l’unificazione non risolse i problemi del sud, ma certi miglioramenti si assistettero proprio con l’Unità d’Italia. A tal proposito c’è un interessante libro ,di cui avevamo parlato, del calabrese Pino Ippolito Armino che smonta tutte le bufale sul Regno delle Due Sicilie e fa delle riflessioni molto interessanti sulle condizioni del meridione.
La stessa cosa vale per la “questione settentrionale” che negli anni ’90 ha visto nascere un sentimento di indipendentismo delle regioni del Nord Italia a seguito del malaffare sviluppato nel dopoguerra nella Penisola. Anche qui i presupposti storici basati su celtismo ecc sono stati senza alcun fondamento, ma la cosa nasceva da un sentimento, alimentato dalla situazione contingente, che dimostrava come l’Italia fosse rimasta, almeno culturalmente, incompiuta. Diversi fenomeni indipendentisti o separatisti attanagliano l’Italia da sempre, ma credo che sia anche facile buttare tutto all’aria quando le cose non vanno così bene o è anche facile volersi annettere ad altri stati europei dove la situazione è più florida. Non si dice nella buona o nella cattiva sorte?
Dunque è provato che l’unificazione portò una ventata di aria nuova seppur forse non è andata come ci si aspettava. Dagli ideali di partenza, che erano repubblicani, si è finiti ad una monarchia. Va però ribadito che come si è arrivati all’unificazione, anche se con un pizzico di casualità e fortuna, non può essere una storia da dimenticare o liquidare come la causa di tutti i mali dell’Italia moderna. E’ importante fare una riflessione sul fatto che molti problemi del nostro Paese siano nati nel dopoguerra e culminati con gli scandali di “mani pulite” negli anni ’90.
E’ importante per capire bene il Risorgimento oggi leggere tutte le fonti documentali più autorevoli e interpretare la storia da tutti i lati. Non possiamo neppure dimenticare le gesta eroiche di chi si batteva per lealtà al suo paese anche se stava “dall’altro lato della barricata”, di chi fino all’ultimo ha tenuto fede al proprio giuramento e ha difeso i suoi ideali. Come non citare la resistenza dell’esercito borbonico a Civitella del Tronto di cui avevamo parlato in articolo e che ha purtroppo suscitato polemiche. Quello che oggi dovremmo cercare di fare è di cogliere lo spirito e il sacrificio di quegli ardenti giovani del 1800 cercando però di mantenere una visione distaccata e oggettiva. Il punto è proprio il fare luce su quella presa di coscienza culturale che è forse anche l’ultima corale del nostro Paese e che solo in parte è venuta fuori con la Resistenza.
Ovviamente, quanto sopra, sono riflessioni personali di una persona che non si fregia certo di essere uno storico di professione. Da amante del Risorgimento che un movimento fatto di imprese a volte eroiche a volte fortuite, ma con grandi sacrifici umani, è brutto vedere come quel periodo storico venga oggi dimenticato o peggio denigrato senza una minima cognizione di causa. L’invito è quello di documentarsi da fonti verificate e non affidarsi a ciarlatani che vogliono sfogare le frustrazione di oggi cercando soluzioni facili nel passato. Di certo anche nel Risorgimento ci furono figure negative e sopravvalutate o furono fatte scelte sbagliate, ma è importante conoscere bene la storia e provare a collocare le scelte e le persone a quel periodo storico senza la pretesa del collocarle nel contesto odierno. Commetteremmo un grave errore di logica, perché oggi certe cose non le concepiamo.
Fermiamoci ogni tanto a capire chi si nasconde dietro il nome di una via per comprendere come mai una persona abbia meritato una intitolazione. Saziamo la nostra curiosità perché oggi ci viene d’aiuto lo smartphone per soddisfarla. Andate a riscoprire ad esempio cosa fu la Repubblica romana e se capitate a Roma salite al Gianicolo e leggete i nomi di tutti coloro che parteciparono a quel grande esperimento del 1849. Ci sono tanti busti con tanti nomi di italiani e non, perché anche tanti europei sposarono la causa dell’indipendenza italiana. Non dimentichiamo quei nomi, quei giovani che avevano un credo e tanto entusiasmo, non dimentichiamo quella storia che è alla base oggi della nostra libertà. Gli artefici del Risorgimento sarebbero oggi i nostri influencer ed allora erano delle celebrità in tutta Europa e se pensate non sia così approfondite con qualche bella lettura le imprese avventurose dei nostri avi. Riscopriamo la nostra storia e prendiamo spunto da quello spirito che ha acceso tantissimi giovani, perché anche al giorno d’oggi avremmo tante cause da sposare coralmente con lo stesso spirito. Chiudiamo questa lunga riflessione sul Risorgimento con una citazione di Luis Sepulveda, forse un po’ ovvia, ma drammaticamente reale: un popolo senza memoria è un popolo senza futuro.