La vedova nera mediterranea o malmignatta
Oggi parliamo di un animale davvero intrigante, un animale che molti di noi hanno conosciuto attraverso la TV o il cinema: la vedova nera.
Esistono diverse specie di vedova nera, in questo caso parleremo della nostra vedova nera mediterranea, ovvero la malmignatta Latrodectus tredicimguttatus (Rossi, 1790). Rispetto alla più famosa “cugina” d’oltreoceano Latrodectus mactans (Fabricius, 1775), è meno pericolosa ed è diffusa nella regione mediterranea, nella Russia meridionale e nell’Asia occidentale.
Frequenta zone aperte e brulle e le sue ragnatele si possono solitamente ritrovare lungo il bordo dei sentieri, sotto le rocce, sotto i tronchi oppure nell’erba medio-alta. Il suo rifugio, a forma di conca, è posto nella parte superiore della ragnatela ed è caratterizzato da un’apertura nella parte inferiore. Il ragno passa la maggior parte del suo tempo proprio all’interno di questo rifugio.
La specie è distinguibile grazie alla presenza di 13 macchie rosse sull’opistosoma (la parte posteriore del corpo). Il suo nome specifico trecimguttatus deriva proprio dal numero di dette macchie, tuttavia in alcuni casi il loro numero può essere inferiore a causa della fusione di alcune di esse; i giovani possono essere riconosciuti dagli evidenti bordi bianchi che attorniano le macchie rosse.
L’opistosoma, così colorato, è un chiaro segnale aposematico, ovvero di avvertimento nei confronti di potenziali predatori.
Dal punto di vista dimensionale la femmina, con i suoi 10-15 mm di lunghezza, è più grande del maschio, le cui dimensioni si attestano solamente intorno ai 5-7 mm. Le maggiori dimensioni della femmina la rendono pericolosa per l’uomo, in quanto grazie ai suoi più cospicui cheliceri è in grado di penetrare efficacemente la pelle umana, di contro i maschi non riescono a intaccare la pelle dell’uomo a causa delle loro ridotte dimensioni.
Il significato biologico del veleno è legato al miglioramento delle capacità predatorie della specie, poiché il veleno paralizza la preda e opera probabilmente anche una parziale predigestione della stessa (grazie alle proteasi): le prede preferenziali della vedova nera sono gli insetti.
Il nome vedova nera è legato alla fagia da parte della femmina del maschio subito dopo l’accoppiamento, questo permette alla femmina di garantirsi celermente una buona riserva di nutrienti in vista della delicata fase riproduttiva. Le uova vengono deposte all’interno di ovisacchi protettivi.
La vedova nera mediterranea è dotata di un veleno molto potente, pericoloso per l’uomo grazie alla presenza di diversissime tossine, per la precisione 146, di cui si non si può fare a meno di citarne la più significativa, la α-latrotossina, una potente neurotossina che interferisce con le giunzioni neuro-muscolari, bloccando di fatto l’attività sinaptica.
Data la notevole complessità del veleno, la sintomatologia da avvelenamento (latrodectismo) risulta molto varia, comportando svariati effetti sia a livello locale sia a livello sistemico: es. dolore locale, linfagite, crampi, dolori articolari e muscolari, irrigidimento addominale e diaframmatico (in questo ultimo caso si possono avere difficoltà respiratorie), nausea, vomito, mal di testa, tachicardia, sudorazione intensa e shock. Esiste un antidoto e quando è disponibile si procede alla sua somministrazione solo nei casi di avvelenamento severo.
L’atto del morso in sé non è particolarmente doloroso, per tal motivo potrebbe passare inosservato; la pericolosità dello stesso può variare a seconda di diversi fattori come lo stato di salute del malcapitato e la quantità di veleno inoculato (vi possono anche essere dei morsi a secco, ovvero senza che avvenga l’inoculazione di veleno da parte dell’animale).
Circa il tasso di letalità del morso vi sono pareri discordanti, in assenza di somministrazione dell’antidoto alcuni studi riportano un tasso di mortalità del 5%, altri dello 0.2%. I casi di avvelenamento dovuti alla vedova nera nostrana sono più rari rispetto alla congenere americana, ciò si deve al fatto che la malmignatta frequenta ambienti aperti e brulli, scarsamente antropizzati (i più esposti a un eventuale morso sono infatti i contadini durante il periodo del raccolto). La vedova nera americana invece, frequentando ambienti più antropizzati come le latrine esterne isolate, ha una maggiore probabilità entrare in contatto stretto con gli esseri umani.
Bisogna comunque precisare che l’animale ricorre al morso solo per difendere se stesso e/o la propria prole e solo quando non ha altra scelta (es. fuga, raggiungimento di un rifugio sicuro).
Bibliografia
- A.A.V.V. (2012). Atlante fotografico degli Animali – Invertebrati. De Agostini Libri S.p.A.
- Assisi F., Malavasi E, Stella A. F. (2020). Come prevenire e curare le intossicazione da animali velenosi dell’area mediterranea. Centro Antiveleni di Milano, Regione Lombardia.
- Bellmann H. (2011). Guida ai ragni d’Europa. Franco Muzzio editore, Roma.
- He, Q., et al. (2013), “The venom gland transcriptome of Latrodectus tredecimguttatus revealed by deep sequencing and cDNA library analysis”, PLoS ONE, 8(11):e81357.
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