Un insolito moschino, nero: morfologia, ciclo biologico e aspetti sanitari
Questo articolo nasce da un colloquio telefonico con un nostro affezionato utente e amico, il quale ci chiedeva d’identificare il gruppo tassonomico di appartenenza di un insetto, precisamente di una piccola mosca, allorché ai fini dell’identificazione ci inoltrava le foto dell’insetto e delle punture causate dallo stesso a discapito del suo povero cane.
Parte quindi subito l’indagine per verificare a quale famiglia di Ditteri potesse appartenere quell’insetto mostratosi così aggressivo nei confronti del malcapitato cane, ebbene il lavoro di ricerca dà subito i suoi frutti e la famiglia è presto identificata, Simuliidae.
I Simulidi comprendono circa 2310 specie, di cui 70 sono presenti in Italia, con 16 endemismi (il termine endemico indica che l’animale è presente solo in quel luogo, quindi in questo caso solo in Italia). Non è una famiglia particolarmente studiata nel nostro Paese, in quanto spesso gli attacchi passano inosservati oppure non vengono segnalati.
Queste mosche possono rappresentare un problema medico oltreché veterinario, poiché alcune specie attaccano anche l’uomo oltre agli animali da compagnia e al bestiame, ma di queste problematiche se ne parlerà in maniera più approfondita nella parte finale dell’articolo.
Morfologia
I Simulidi sono comunemente definiti mosche nere, in inglese blackflies o buffalo gnat, in particolare, la specie da noi identificata è ascritta al genere Simulium. L’aspetto generale è appunto quello di una piccola mosca, le specie più piccole ricordano un moscerino: solitamente il corpo non supera i 5 mm di lunghezza. Presentano brevi e robuste zampe e corte antenne; le femmine mostrano occhi dicoptici (ovvero separati tra loro da una regione frontale), mentre nei maschi, la superiore grandezza degli occhi, fa sì che gli stessi entrino in contatto tra loro (occhi oloptici).
Anche per quanto concerne l’apparato buccale i maschi e le femmine, come spesso accade negli insetti parassiti, appaiono differenziati: le femmine ne possiedono uno specializzato per la suzione del sangue, pungente succhiatore, al contrario i maschi, che si nutrono di nettare, ne possiedono uno succhiatore non pungente.
Le femmine, grazie alla presenza di dentelli apicali, lacerano la pelle con un movimento a forbice delle mandibole e poi aspirano il sangue per mezzo di una proboscide. Un pasto dura all’incirca cinque minuti. Nei maschi, e nelle femmine delle specie non ematofaghe, i dentelli apicali sono assenti.
Il pronoto (torace) è provvisto di ali piuttosto grandi, caratterizzate da poche venature, le quali sono comunque molto importanti a livello diagnostico/identificativo. L’addome presenta una frangia di setole lungo il margine anteriore del primo urotergite: molto spesso l’addome è utile per discriminare la specie di appartenenza delle femmine.
Ciclo biologico
Si tratta di specie a riproduzione sessuata, ma non mancano alcuni casi di partenogenesi. Gli accoppiamenti avvengono in prossimità dei corpi idrici in quanto le uova vengono attaccate a piante e rocce lambenti l’acqua o sommerse. Le uova possono schiudersi più o meno velocemente a seconda delle condizioni ambientali, in condizioni favorevoli pochi giorni, in condizioni avverse anche mesi, ma in questo caso la lunghezza del periodo è determinata dal superamento del periodo sfavorevole in uno stato di diapausa.
Le larve vivono in acqua ancorate al substrato grazie a una ventosa posteriore, si nutrono mediante filtrazione catturando diatomee, batteri, protozoi e sostanza organica. Lo stadio di immagine viene raggiunto dopo diversi stati larvali (si può arrivare in alcune specie fino a 9 stadi). L’impupamento avviene all’interno di un bozzolo sacciforme. Le uova vengono solitamente deposte in acque fortemente ossigenate ma alcune specie, ovvero quelle appartenenti al complesso ornatum, possono deporle anche in acque caratterizzate da un maggiore contenuto di sostanza organica. Quest’ultimo complesso di specie può causare attacchi di una certa entità nei confronti del bestiame.
Il sangue è necessario per portare a completa maturazione le uova, tuttavia in alcuni casi, la prima deposizione potrebbe non necessitare di apporti ematici se durante lo stadio larvale vi fosse stato il corretto apporto di cibo e ossigeno.
Una volta completata la metamorfosi gli adulti possono andare in dispersione: le femmine in particolare possono spostarsi per alcune centinaia di chilometri anche grazie all’aiuto del vento e, dopo un certo periodo di maturazione delle uova, ritornano a deporre le uova nel luogo di origine del proprio focolaio larvale.
La fenologia delle diverse specie varia a seconda della latitudine e della longitudine di presenza. Come precedentemente descritto la maggior parte di queste specie necessita di acque ossigenate, ergo la loro presenza/assenza rappresenta un ottimo indicatore di qualità ambientale circa lo stato di inquinamento delle acque.
Aspetti sanitari
Le mosche nere possono rappresentare un pericolo non solo per il bestiame e gli animali domestici ma anche per l’uomo: possono essere vettori di diversi agenti patogeni come virus, protozoi o elminti. Il livello di pericolosità varia in funzione dell’area geografica, ossia in funzione della presenza o meno di determinati patogeni di cui le mosche possono essere effettivamente mezzo di propagazione.
Un problema sanitario grave per quanto concerne la specie umana è la trasmissione del nematode parassita Onchocerca volvulus, il quale causa una infiammazione corneale cronica, detta oncocercosi o cecità fluviale, ossia un’infezione che può portare alla cecità. Si stima che in tutto il mondo 21 milioni di persone siano infette da questa patologia: circa 14,6 milioni abbiano malattie cutanee e 1,15 milioni subiscano disturbi o perdita della vista. L’oncocercosi è la seconda causa di cecità infettiva al mondo (dopo il tracoma). La malattia è diffusa nelle zone tropicali africane con piccoli focolai in Yemen e Sudamerica. Ovviamente i soggetti più esposti sono coloro che lavorano nei pressi dei fiumi nelle aree di presenza dell’infezione. Occorro diverse punture da parte degli insetti vettori per sviluppare la patologia.
In Italia, fortunatamente, le mosche nere non sono vettori di agenti patogeni, ma potrebbero causare comunque problemi rilevanti, soprattutto a carico del bestiame, in seguito ad attacchi di una certa entità: shock anafilattico (simuliotossicosi) dovuto all’inoculazione massiva di saliva.
La saliva svolge una funzione anticoagulante, facilitando la suzione del sangue da parte del parassita. Inoltre, possono anche essere fonte di stress a livello del bestiame, riducendo di fatto la produttività dello stesso, ad es. impedendo la mungitura a causa della formazione di ragadi crostose a livello delle mammelle; causano dermatiti auricolari e/o oculari a carico degli equini; ecc.
È importante sottolineare come la puntura procurata dai Simulidi sia dolorosa e porti alla formazione di pomfi pruriginosi che, in seguito a grattamento, potrebbero provocare l’innestarsi di infezioni. In alcuni casi queste lesioni, quando numerose, possono portare all’ospedalizzazione del paziente, tuttavia questi stati eritematosi solitamente si risolvono con l’impiego di cortisonici.
Vi sono altre specie ascritte al genere Simulium che non pungono, ma che risultano ugualmente moleste poiché volano continuativamente sul viso e sugli occhi, impedendo di fatto lo svolgimento di qualsiasi attività all’aria aperta. L’uomo è particolarmente colpito in assenza di ospiti d’elezione quali i bovini. Preferenzialmente questi insetti pungono negli spazi aperti, disdegnando gli ambienti chiusi e la localizzazione dell’ospite avviene grazie alla vista, alla concentrazione di CO2 e a stimoli chimico-olfattivi. Occhio alla mosca!
Bibliografia
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