Arresto cardiaco negli atleti: un passo avanti nella terapia genica
Una delle principali cause di arresto cardiaco negli atleti di età inferiore ai 35 anni è la condizione genetica chiamata cardiomiopatia aritmogena (o displasia). Le persone a cui viene effettuata questa diagnosi nascono con un cuore normale, ma iniziano a sviluppare un battito cardiaco irregolare intorno ai 20 o 30 anni. Queste aritmie possono aumentare la frequenza cardiaca a livelli pericolosi e spiegare perché alcuni individui con questa condizione subiscono un arresto cardiaco improvviso durante l’esercizio fisico.
Ai pazienti viene consigliato di limitare l’esercizio, ma possono anche beneficiare di un defibrillatore impiantabile per controllarne il battito. Con il progredire della malattia, il muscolo cardiaco diventa grasso e fibrotico, e ciò impedisce al cuore di pompare sangue in modo efficiente. Alla fine, i pazienti necessitano di un trapianto di cuore.
Gli scienziati della University of Utah Health hanno studiato il tessuto cardiaco dei pazienti con tale patologia e sottoposti a trapianto, e hanno scoperto un problema con la proteina Connessina 43. Nei cuori sani tale proteina forma canali tra cellule adiacenti, facilitandone la comunicazione. Nei cuori malati, invece, tale proteina è a livelli normali, ma non ai margini delle cellule a cui appartiene.
Ciò significa che non c’era abbastanza proteina GJA1-20k, senza la quale le cellule del cuore non sono in grado di trasportare la connessina 43 nei posti indicati.
Il team ha quindi utilizzato basse dosi di terapia genica nei topi con stessa patologia, riportando i valori di GJA1-20K a livelli normali e ripristinando il trasporto della proteina. E ciò ha aiutato gli animali ad avere un battito regolare.
Il successo del trattamento nei topi suggerisce che l’aumento dei livelli di GJA1-20k potrebbe ripristinare i normali ritmi cardiaci anche nei pazienti con displasia, somministrando la proteina terapeutica direttamente al cuore.
Serviranno ulteriori sperimentazioni prima di agire sugli umani, ma un giorno si potrebbe offire un’alternativa ai farmaci che bloccano i canali ionici attualmente utilizzati per trattare molte aritmie, che possono rallentare il cuore e persino portare a nuovi problemi. La scoperta è stata descritta sulla rivista Circulation Research.