Siccità: Gran Paradiso (Alpi), bilancio di fine inverno
Da diverso tempo monitoriamo una stazione meteo-climatica in prossimità della zona nord del Gran Paradiso. La stazione, a Gimillan di Cogne in Valle d’Aosta, si trova a poco meno di 1.800 metri sul livello del mare. Andiamo quindi ad analizzare i dati dell’inverno appena finito (per comodità prendiamo 1 novembre 2022 – 31 marzo 2023). La stazione registra dati in continuo dal 1995 ad oggi ed è gestita dall’ARPA della Valle d’Aosta. Recentemente abbiamo studiato i dati dell’anno appena trascorso e pubblicato lo studio in un articolo. Come abbiamo descritto nel precedente studio a preoccupare devono essere le temperature che crescono e non solo le piogge scarse. Quest’ultime hanno mostrato invece una certa ciclicità. (ndr – Ricordiamo in ogni caso che una singola stazione non può essere presa come riferimento per un intero territorio e la serie di dati è già corposa, ma non raggiunge ancora i 30 anni)
La cosa è dimostrabile proprio questo inverno. Dopo 3 inverni di fila di precipitazioni sotto media, quest’anno siamo tornati su valori in media ed è solo una buona mezza notizia. Quindi da novembre a marzo sono precipitati 190 mm (pioggia e neve equivalente) contro una media storica (dall’inverno 1995/96 a quello appena trascorso) pari a 189 mm. L’inverno scorso erano precipitati 127 mm, e quello 2020/21 solo 76 mm.
E’ importante dire che in questa porzione di Alpi, per “natura” molto secca, le precipitazioni annue sono generalmente scarse e paragonabili alle zone mediterranee. L’inverno è la stagione più siccitosa e non è la stagione dove si “fanno i numeri” sulle precipitazioni annuali. Infatti non è raro avere mesi come febbraio o gennaio con zero precipitazioni, così come è accaduto in questo febbraio 2023. La “partita invernale” si fa solitamente a novembre che è la chiusura del periodo più piovoso dell’anno, l’autunno. Marzo apre invece la stagione piovosa primaverile e dobbiamo dire che in termini di precipitazioni l’inverno di quest’anno è stato “salvato” proprio da questo mese appena concluso. Il problema del mese di marzo è che le temperature iniziano a salire e dunque le precipitazioni sono liquide e ruscellano via in fretta nei corsi d’acqua. Infatti il mese di marzo è stato mediamente molto più caldo del solito, seppur non il più caldo: +1,4 °C di media a 1.800 metri, contro una media storica di + 0,7 °C.
In termini generali di temperatura dei mesi invernali gli ultimi due inverni sono stati entrambe più caldi della media storica che si attesta a circa -1°C (da novembre a marzo). Quello appena trascorso ha registrato una media di -0,6°C, mentre quello del 2020/21 si è fermato intorno al 0°C. Entrambe gli inverni comunque non da record in termini di temperature come l’inverno 2006/07 dove si era raggiunta quasi la temperatura media invernale di +1°C.
Dunque quale è il problema legato alla siccità in particolare del bacino del Po? Seppur le piogge totali siano state nella media, il fatto che le precipitazioni maggiori siano state in marzo, con temperature elevate, sta nel fatto che esse o erano pioggia o neve che è durata poco tempo al suolo. La dama bianca ha il pregio di essere una sorta di serbatoio che rilascia piano piano l’acqua e fa sì che le portate dei corsi d’acqua siano costantemente rimpinguate nei mesi primaverili-estivi.
Per suffragare questa tesi abbiamo i dati di un’altra stazione vicina a quota a 2.279 metri denominata Grand Crot e gestita dal Centro Funzionale della Regione Autonoma Valle d’Aosta. In questa stazione è disponibile anche l’altezza nivometrica. Questa grandezza è sempre un po’ delicata poiché soggetta a: venti, temperature, insolazione, crescita di erba in primavera che viene registrata come neve ecc. Dunque il dato può non essere “così pulito”, però possiamo avere delle indicazioni. Gli ultimi 3 inverni, a quella quota, abbiamo avuto valori di altezza media della neve in inverno pressoché simili e che si attestano intorno ai 50 cm. Se invece andiamo alle stagioni precedenti a quella 2020/21, nei tre inverni precedenti la media si attestava ad 1 metro circa.
Sui media si continua a parlare di stagione estiva a rischio per l’irrigazione e lo spessore della neve basso è già una aggravante. Inoltre, come è noto a tutti, questa parte di Paese ha registrato una siccità estrema negli ultimi due anni, come dimostrano le analisi del CNR. Il problema deriva dal fatto che anni di fila molto secchi hanno svuotato le falde e ridotto fortemente ghiacciai e nevai. Quest’ultimi hanno anche subito un 2022 come il più caldo degli ultimi 28 anni. Questi fattori fanno si che le piogge di questo inizio primavera e le precipitazioni invernali non potranno da sole risollevare la situazione figlia di un biennio siccitoso.
Dunque, notando una certe ciclicità nella precipitazioni degli ultimi lustri, è lecito attendersi una ripresa delle piogge al nord-ovest del Paese, ma probabilmente non sarà sufficiente, a breve termine, a riempire bacini e falde e quindi bisognerà attendere diverse stagioni umide per riportare la situazione alla normalità e inverni più freddi. Quindi non ci resta che continuare a monitorare ed osservare i dati ambientali per verificare la situazione sulle Alpi dove si gioca la partita idrologica più importante per il bacino del Po.
Fonte dati: Regione Autonoma Valle d’Aosta