Brexit: non è come qualcuno ci racconta (Reportage)
La Brexit (acronimo di Britain – Exit), cioè l’uscita della Gran Bretagna dell’Unione Europea, non è come qualcuno ci racconta, ma forse molto peggio. Per capire meglio siamo stati così a vedere quale è la situazione. Che le informazioni in Italia non siano sempre così rappresentative lo dimostrano proprio in questi giorni i media. In Italia non si fa che parlare dell’incoronazione di Re Carlo III e dei suoi gossip, mentre in Gran Bretagna la cosa sembra molto tiepida.
Dunque anche sulla questione Brexit in Italia non ci arriva un quadro completo e chiaro, ma si tende ad estremizzarlo. Si passa da chi ci propina di un grande successo della scelta di uscire dalla UE ad altri che parlano di situazione critica con generi alimentari razionati. Nulla di tutto ciò.
IL REFERENDUM
Facciamo un passo indietro e torniamo al 2016, l’anno della consultazione. Il 24 giugno del ’16 si è tenuto in tutto il Regno Unito un referendum consultivo per stabilire se si dovesse permanere nell’Unione Europea oppure uscire. A quei tempi sembrava quasi una formalità con risultati abbastanza scontati per restare in UE, ma clamorosamente arrivò la vittoria del “Leave” pari al 52% dei voti. Un risultato che di fatto ha spaccato in due il paese anglosassone. Incredulità fu la prima cosa a trasparire fuori dal Regno Unito dopo quei risultati. Per il “Remain” votarono i grandi centri e la Scozia perché vedeva nell’Unione Europea una sorta di ancora per la sua agognata indipendenza e forse una sorta di contrapposizione contro il potere centrale di Londra. Per il “Leave” hanno predominato le località rurali e le campagne. Dopo questa decisione ci sono state varie manifestazioni pro Unione Europea, soprattutto a Londra, il dibattito si è infiammato, ma la scelta ormai era stata presa. Dopo lunghi bracci di ferro, interni al paese e esterni con l’Unione, il primo ministro Boris Johnson accompagna definitivamente fuori dall’UE la Gran Bretagna il 31 dicembre 2020.
COME E’ STATA VISTA L’USCITA IN ITALIA
I risultati del referendum sono stati visti dal nostro paese in due maniere. Una parte, chi fortemente europeista o delle generazione Erasmus, non ha potuto che esprimere una forte delusione per aver perso uno dei paesi importanti dell’Unione. Seppur non fosse uno dei paesi fondatori e l’ingresso nella allora CEE era avvenuto solo nel 1975 di certo il Regno Unito rappresentava un partner importante e il miglior interlocutore con gli USA. Dall’altra parte hanno gioito coloro che ritengono che l’UE sia solo una zavorra per i paesi sovrani e che anche l’Italia dovrebbe rapidamente uscire sia dall’Unione che dall’EURO (la GB non aveva aderito alla moneta unica). A tal proposito è stato fondato anche un partito chiamato Italexit, ma che alle ultime elezioni politiche (2022) non ha ottenuto il quorum per entrare in parlamento.
LA SITUAZIONE OGGI
Come dicevano, spesso, ci arrivano informazioni distorte da Oltremanica. Quale è la situazione oggi? Abbiamo guardato un po’ i telegiornali e parlato con le persone. Nonostante la imminente incoronazione di Carlo, nei giorni in cui scriviamo, c’è un importante sciopero dei medici a causa di orari prolungati e paga ridotta. Si parla di 4.000 medici che hanno lasciato la Gran Bretagna dopo la Brexit. Certo anche da noi abbiamo un problema con la sanità, ma qui la Brexit lo ha acuito. Non solo in campo sanitario, ma anche sui trasporti ci sono stati importanti scioperi in questi mesi. Nel settore ci sono grandi problemi per gli autotrasportatori con grandi complicazioni burocratiche alle frontiere e conseguente ritardo di consegna merci. L’uscita dall’Unione Europea ha comportato lo stop alla libera circolazione di mezzi, persone e capitali e gli effetti sono evidenti. Per qualcuno la Brexit poteva essere un modo per frenare l’arrivo di migranti, seppur questa cosa risulta un pò strana in una società multietnica come quella britannica. Pur vero che la multietnicità avviene maggiormente in città come Londra, ma non nelle campagne. Oggi per entrare in Gran Bretagna, anche per coloro che andranno a ricoprire posti di elevata specializzazione come in campo medico, viene richiesto un complicato visto che richiede mesi per essere ottenuto e soldi.
In merito al settore turistico abbiamo parlato con Michele, da anni in Gran Bretagna, professore e guida ufficiale della città di Cambridge in italiano, spagnolo e inglese. Il comparto turistico ha subito anch’esso una contrazione. Un tempo si partiva dall’Italia alla volta di Londra anche solo per fare “serata”: un volo low-cost e via godersi la nigh-tlife londinese. Oggi per entrare in Gran Bretagna è necessario il passaporto e solitamente c’è coda sia all’ingresso che poi al rientro in Italia perché di fatto si rientra in Unione e va ricontrollato il passaporto. Sono tante le persone che non hanno un passaporto in Europa e quindi, se non strettamente necessario, ne faranno a meno e cambieranno destinazione per i cosiddetti “city break”. La questione del passaporto si è comunque ripercossa anche sulle questure italiane perché tutti coloro che si recavano prima in UK, senza passaporto, ora devono farlo e quindi i tempi di attesa per l’emissione sono mediamente lunghi. Il disagio aumenta per i cittadini britannici che devono usare il passaporto per andare in tutti i paesi europei.
Per quanto riguarda i prodotti agricoli e ittici del paese oggi c’è maggiore difficoltà a piazzarli sui mercati europei perché non c’è più il libero mercato. Oggi un pescatore fa fatica ad esportare il pesce nella vicina Francia. In questo caso la Brexit ha toccato grandi e piccole aziende. Ovviamente questo problema vale non solo per questi prodotti, ma per tutto il settore manifatturiero. Inoltre l’agricoltura, all’interno dell’Unione, è fortemente supportata e in Gran Bretagna ora questi finanziamenti non ci sono più e i britannici dovranno pensarci con fondi propri, ma in questo momento i sussidi non ci sono. Molti agricoltori stanno decidendo di abbandonare il settore e il rischio di diminuire la produzione interna alimentare è elevato.
Per quanto riguarda le università, dopo la Brexit, i cittadini dell’Unione vengono oggi considerati come cittadini provenienti dal resto del mondo e dunque non hanno più facilità di accesso alle facoltà universitarie. I costi non sono più agevolati e quindi c’è stato anche un forte calo di studenti. Lo stesso giornale scientifico Nature parla di un crollo nell’ultimo biennio del 53% di immatricolati in meno provenienti dall’UE. Possiamo immaginare la ricaduta sulle popolari università di Oxford e Cambridge. Questo comporta ovviamente un effetto negativo sull’indotto di queste città vissute principalmente da studenti.
Le buche sulle strade ci sono solo in Italia? Ebbene no, ormai anche le strade britanniche sono piene di buche. Durante il nostro reportage abbiamo anche rotto un pneumatico a seguito di una buca su una strada principale di Cambridge. Un tempo le strade erano in ottime condizioni, seppur la colpa non tutti l’attribuiscono alla Brexit, ma bensì al forte caldo dell’estate scorsa. Con lo sbalzo termico e le piogge invernali l’asfalto si è deteriorato, ma ad oggi non è stato riparato. In ogni caso Brexit o no le condizioni delle strade inglesi non possono di certo dirsi eccelse.
Dunque l’uscita dall’Unione Europea non è stata proprio una cosa indolore, come qualcuno ci vorrebbe raccontare in Italia. Bruxelles sembra lontana e che non impatti sulla vita di tutti giorni e invece è evidente che con la Brexit ne è stata impattata tutta la società, dalla grandi industrie al contadino. L’Europa è spesso vista come una grande macchina burocratica, ma per i britannici la Brexit non ha fatto che aumentarla e notevolmente.
LA GRAN BRETAGNA RESTA UN PAESE AVANGUARDISTA
La Gran Bretagna e Londra sono sempre stati il sogno di tanti italiani. Anche Baglioni cantava nel celebre pezzo “Viva l’Inghilterra” poiché da sempre Oltremanica le mode e le tendenze sono arrivate molto prima che negli altri paesi europei. Prima della Brexit, e grazie alla libera circolazione delle persone, decine di europei sono stati in UK per imparare l’inglese, studiare, lavorare e oggi non è più così facile. Era (ed è) la meta multiculturale dove il colore della pelle o la provenienza sono una questione di secondo piano. Questo aspetto è ancora ben visibile oggi, anche nella varietà della ristorazione etnica che non ha eguali in Europa. Era la porta del vecchio Continente che oggi si è socchiusa.
Nonostante questa chiusura è evidente che per molti aspetti la Gran Bretagna resti un paese leader. Pensiamo alla transizione energetica. Le auto elettriche circolanti iniziano ad essere molte nel parco mezzi e le auto sono mediamente più nuove ed efficienti di quelle che possiamo vedere in Italia. Non è raro vedere davanti alle case inglesi le auto collegate alla propria colonnina e le infrastrutture di ricarica sono presenti sia su strade urbane che in autostrada. In generale la mobilità sostenibile è ben visibile. I motorini sono quasi tutti elettrici e le stazioni sono tutte ampiamente dotate di grandi parcheggi per biciclette. In termini di barriere architettoniche c’è molta attenzione alle persone a ridotta mobilità e ci sono percorsi dedicati.
In campo energetico ci sono gli stessi problemi che in Italia con il caro energia elettrica e carburanti, ma lo sforzo per passare alla rinnovabili è notevole in particolare con l’eolico off-shore. Al largo delle coste di Londra si vedono grandi parchi eolici e l’UK punta ad essere 100% rinnovabile entro il 2035.
Per quanto riguarda i pagamenti in larga maggioranza sono fatti con carte di credito. I pagamenti elettronici, anche per cifre pari ad 1 sterlina, vengono fatti ormai di abitudine e nessuno si scandalizza. Viene un pizzico di sorriso leggere in un ristorante italiano il cartello “si accettano solo pagamenti con carta”, forse qualcuno nel nostro Paese andrà in tilt pensando che uscendo dall’Europa si possa vivere di contanti.
In ultimo, ma non per importanza, come non menzionare la generale e proverbiale cortesia del popolo inglese che ha spesso un sorriso e un saluto anche per i passanti sconosciuti. Qui le parole grazie e prego non vengono tirate fuori con le pinze come da noi. Su questo avremmo molto da imparare.
FUTURO
La Gran Bretagna, dopo la Brexit, è un paese fatto di luci e ombre che probabilmente sta pagando oltre le aspettative l’uscita dall’Unione Europea ed è lecito aspettarsi che la situazione non potrà migliorare in fretta. Probabilmente dopo questa doccia fredda il paese anglosassone potrà ispirarsi alla Norvegia che pur non facendo parte dell’Unione segue abbastanza pedestremente le regole che l’Europa si da con qualche grado di autonomia. Forse questa può essere la strada per far sì che la Gran Bretagna resti quell’isola che ha rappresentato per generazioni un faro nel vecchio continente. L’Europa non può fare a meno della Gran Bretagna come la Gran Bretagna non può fare a meno dell’Europa. Molti inglesi guardano alle elezioni politiche del 2024 per capire se si può ridare una svolta al paese. A tal proposito è lecito dunque porsi una domanda. Che risultato avremmo oggi se si rivotasse per la Brexit?
Dal nostro canto invece possiamo trarre una lezione sul fatto che l’Unione Europea, seppur ogni tanto con qualche neo, ci porta diversi benefici e se un domani dovessimo uscire anche noi il contraccolpo per l’Italia sarebbe devastante. Dobbiamo anche imparare che è necessario documentarsi alle fonti e farsi una idea propria su quello che accade fuori dal nostro Paese. Tendiamo ad essere italocentrici e non ci occupiamo più di tanto di quello che succede fuori. Probabilmente siamo più informati dei reali inglesi che di cosa ha comportato la Brexit, ma questo è il classico motto romano “panem et circenses”. In bocca al lupo Gran Bretagna!
Fonti Consultate: The Guardian, Nature, BBC, Ember Climate