Published On: Mer, Mag 3rd, 2023

NDE, le esperienze di pre-morte: picchi di attività cerebrale associati alla coscienza

I sopravvissuti a un contatto ravvicinato con la morte spesso ricordano esperienze straordinarie: una luce bianca e avvolgente in fondo ad un tunnel, fluttuare fuori dal proprio corpo, incontrare persone care defunte o ripercorrere i principali eventi della vita in un istante.
Tali esperienze, che spesso possiedono decine di elementi in comune, sono state documentate da persone di diversa estrazione culturale e ciò indica un possibile meccanismo biologico.

Diversi sono i casi dopo i quali i protagonisti hanno addirittura scelto di modificare il proprio stile di vita. In effetti, a quanto raccontano, si tratta di esperienze forti, toccanti, ben diverse dai comuni sogni di cui ricordiamo quotidianamente. Credere che ciò sia un’occhiata ad un’eventuale vita oltre la morte è un’idea affascinante e che fornisce conforto, ma la scienza ha il dovere di esaminare i casi e cercare di fornire una spiegazione plausibile.

LO STUDIO

In un nuovo articolo pubblicato negli Atti della National Academy of Science (PNAS), i ricercatori dell’Università del Michigan hanno trovato prove di picchi di attività cerebrale associati alla coscienza in due pazienti morenti. Sebbene non sia il primo studio di questo tipo, esso rappresenta il modo più dettagliato di cui si abbia memoria.

La sala operatoria

Autori dello studio Jimo Borjigin e il suo team, in un laboratorio dedicato alla comprensione delle basi neurologiche della coscienza. I ricercatori hanno esaminato le registrazioni di quattro pazienti deceduti per arresto cardiaco durante il monitoraggio dell’elettroencefalogramma (EEG). Dopo essere caduti in stato di coma e dopo aver accertato l’impossibilità di aiuto medico, si è provveduto a staccare loro la ventilazione meccanica (col consenso informato del paziente o, in caso di sua incapacità, con quello del suo surrogato legale, ndr); ed è proprio in quel frangente che due dei quattro pazienti – una donna di 24 anni e una donna di 77 anni – hanno visto aumenti della frequenza cardiaca e picchi di onde cerebrali nella frequenza gamma – la frequenza cerebrale più veloce di questo tipo. Attività che è associata alla coscienza.

QUANDO IL CERVELLO SI ‘ILLUMINA’

Si tratta di un’osservazione che conferma gli studi precedenti, tra cui un importante documento realizzato nel 2022. Lo studio dell’Università del Michigan è andato però oltre, esaminando in modo più approfondito quali parti del cervello si sono ‘illuminate’, con l’attività rilevata nella “zona calda corticale posteriore“, composta dai lobi temporale, parietale e occipitale, che sono associati ai cambiamenti nella coscienza. Quando questa parte del cervello si accende, il paziente sta vedendo o sentendo qualcosa. Ed effettivamente quell’area di cervello era “luminosissima” agli strumenti. E’ stata quindi monitorata, secondo per secondo, l’attività cardiaca, contribuendo alla solidità dell’indagine.

ULTERIORI STUDI

Era facilmente intuibile che lo studio non potesse fornire una risposta chiara del fenomeno. A dire il vero non è nemmeno chiaro perché solo due dei quattro pazienti abbiano sperimentato questi potenziali segni di “coscienza nascosta”. E’ incontrovertibile la difficoltà di tali ricerche, che spesso devono far fronte ai racconti di persone segnate da momenti drammatici. Tuttavia, si tratta di un ulteriore sguardo che potrebbe aiutare a comporre questo arduo mistero. 
A causa della piccola dimensione del campione gli autori hanno messo in guardia dal fare inferenze ad ampio raggio. Inoltre, non è stato possibile confermare che i pazienti abbiano realmente avuto visioni poiché non sono vissuti abbastanza per raccontarlo.
Si spera in futuro di raccogliere gli stessi dati su altre centinaia di pazienti, specie su coloro che potranno raccontare ciò che hanno “visto”.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.