Rifiuti Tossici, i lavori nel traforo della Limina ci sveleranno la verità?
La chiusura per 20 mesi di un traforo appenninico di 3.200 m sta creando un gran polverone in Calabria. Si tratta del Traforo della Limina inserito nella S.G.C. (Strada di Grande Comunicazione) Jonio-Tirreno SS.682. I lavori, più volte rinviati, sono dovuti ad importanti lavori di messa in sicurezza del tunnel. La strada in questione, inaugurata a fine anni ’80, ha una valenza strategica per la punta dello Stivale. Una arteria che ha rotto l’atavico isolamento della zona jonica della provincia di Reggio Calabria portando ad unire la tristemente famosa SS.106 con l’Autostrada A2 del Mediterraneo Salerno – Reggio C..
IL TRACCIATO E I SUOI ASPETTI SOCIALI
Il tracciato, di circa 38 km, unisce i due mari inerpicandosi fra le montagne delle Serre e dell’Aspromonte per arrivare al punto di culmine presso il traforo della Limina. Al di sopra della galleria c’è un passo storico, crocevia della Calabria, che segna il confine naturale fra le montagne delle serre vibonesi con il massiccio dell’Aspromonte, forse proprio per questo il toponimo ci suggerisce la parola latina di “limen = confine”. Questo era uno dei passi fondamentali del periodo d’oro della Calabria ai tempi delle colonie magnogreche, ancora oggi troviamo il sentiero dei greci che permetteva la comunicazione di Locri Epizefiri con le sue colonie Medma (attuale Rosarno) e Hipponion (Vibo Valentia) sul lato tirrenico
La strada attuale non fu certo di facile costruzione e infatti troviamo il terzo viadotto più lungo d’Italia, lo Sciarapotamo con una lunghezza pari a 5.527 metri. Questa strada oggi è l’unica che collega in modo rapido le due coste, per trovare una strada simile bisogna salire fino a Catanzaro nell’Istmo più stretto d’Italia dove una superstrada collega l’Aeroporto di Lamezia terme al capoluogo calabrese. Un tempo, per andare dalla piana di Gioia Tauro, fulcro agricolo-economico-portuale della regione fino alle zone della locride, bisognava inerpicarsi per strette curve all’interno dell’attuale Parco Nazionale dell’Aspromonte, una strada con panorami mozzafiato, ma assolutamente non adatta al traffico di oggi. Noi diciamo per fortuna che la costruzione del tunnel ha evitato il proliferare di strade in una area ad elevata importanza naturalistica.
Dal punto di vista sociale, l’apertura di questo traforo, ma come in generale la costruzione di strade veloci, ha letteralmente sconquassato l’economia della zona, riversando molto turismo nelle località più note del versante jonico come ad esempio Roccella Jonica, Siderno o Marina di Gioiosa Jonica, questo un po’ a scapito della area tirrenica. Con la creazione di questo percorso si è generato anche un flusso di pendolari importanti fra le due coste permettendo una maggiore mobilità dei lavoratori. Il tracciato inoltre è molto suggestivo e permette di riuscire a vedere due tramonti nella stessa giornata con paesaggi unici al mondo di fronte alle Eolie, purtroppo la strada è anche nota per i tanti gravi incidenti a causa dell’alta velocità e della lunghe discese che dal passo di Limina portano ai due mari. Purtroppo da questo punto di vista non si è mai fatto abbastanza per limitare la velocità.
L’ANNUNCIO DEI LAVORI
Dunque, come dicevamo, in questi giorni è arrivato l’annuncio da parte di Regione e Anas della chiusura totale della strada per 20 mesi creando una conseguente marea di polemiche, poiché il timore dei cittadini è che la situazione diventi ingestibile attraverso le vecchie strade aspromontane. I lavori dovrebbero iniziare in autunno/inizio 2024 a conclusione della attuale stagione turistica, ma sicuramente per la prossima stagione estiva la strada sarà chiusa e il percorso alternativo prevede di portare la percorrenza dagli attuali 30 min ad un’ora e mezza. Senza dubbio, come dicevamo, i lavori sono necessari e urgenti al fine di mettere a norma una galleria che ormai ha oltre 30 anni ed è stata pensata quasi 50 anni fa. Le normative in termini di sicurezza dei tunnel sono drasticamente cambiate nel tempo, anche a valle del tragico rogo del tunnel del Monte Bianco del 1999 quando ci furono 39 vittime. Dunque è importante eseguire i lavori per evitare altri futuri problemi. Quello che un po’ ci preoccupa, oltre all’enorme disagio che porterà ai cittadini, ma che va affrontato proprio per la sicurezza, è anche la questione che le vecchie strade transitano all’interno di una importante area protetta dunque auspichiamo che vengano presi provvedimenti adeguati, oltre che per gli automobilisti, anche per la tutela della flora e della fauna.
COSA C’ENTRANO I RIFIUTI TOSSICI?
Veniamo però ad un’altra questione che potrebbe sembrare ai più sconnessa con la questione. Spostiamoci da un’altra parte del globo e andiamo brevemente in Somalia. Cosa c’entra la Somalia con il traforo della Limina? Forse c’è qualcosa che li unisce. Sul paese del corno d’Africa abbiamo già trattato il tema dei rifiuti tossici raccontando la storia di Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin. I due reporter stavano facendo indagini sul traffico di rifiuti tossici dall’Italia alla Africa e furono uccisi in una imboscata a Mogadiscio. Le indagini non sono mai state chiare e non c’è mai stata giustizia. Diversi testimoni hanno parlato di traffico di rifiuti tossici fra i due paesi e sulle tracce che i giornalisti italiani avevano scoperto, ma ad oggi la verità non è mai venuta a galla.
Fra gli anni ’80 e ’90, con l’inasprimento delle normative ambientali in termini di rifiuti speciali e con conseguenti costi di smaltimento, le organizzazioni criminali hanno pensato bene di lucrare su questo tema. Obiettivo? Far sbarazzare dei rifiuti molte imprese dell’industria del Nord Italia in aree che non avrebbero dato troppo nell’occhio. Cosa c’era di meglio della Somalia in guerra? Ma non solo la Somalia anche la Calabria terra tenuta sotto scacco, soprattutto in quegli anni, dalla ‘Ndrangheta che arricchitasi con la stagione dei sequestri si “specializzava” su altri traffici fra cui quello dei rifiuti.
Una inchiesta della “La Stampa” del settembre 2011 affermava che alcuni testimoni di giustizia asserivano che durante la costruzione del tunnel della Limina erano stati sotterrati rifiuti tossici impastati nel cemento. Gli stessi giornalisti della Stampa hanno poi fatto alcune prove empiriche con misuratore geiger di radiazioni, ma affermando anche che i test da loro effettuati erano esemplificativi e non esaustivo e che comunque presentavamo un risultato comunque non pericoloso, ma leggermente anomalo rispetto ai valori della zona. Di certo lo spessore di calcestruzzo potrebbe schermare in parte le eventuali sostanze tossiche.
Del tema se ne è occupato 10 anni dopo anche il “Post” che riporta alla luce l’argomento, ma senza ulteriori novità su eventuali ricerche di questi rifiuti. In questa nuova inchiesta si parla di documenti dei servizi segreti (SISDE) che parlano di traffico illecito di rifiuti dal Nord Italia alla Calabria. I documenti, ai quali è stato tolto il segreto di stato recentemente, sono in qualche modo fonti molto affidabili, nonostante questo non è mai stato trovato nulla, ma non ci sono state neppure particolari indagini. A livello locale il giornale online “Zoom 24” della provincia di Vibo Valentia, in un reportage a puntate del 2020 ha trattato il tema ponendosi della domande su questi rifiuti tossici. Un’altra inchiesta del 2021 del giornale “ICalabresi” mostra al pubblico i documenti secretati che indicano chiaramente il traffico illecito. Costituiti anche comitati a livello locale, ma nulla, la voce non è abbastanza forte e in Calabria ci sono anche altri problemi da risolvere.
UN’OCCASIONE PER FARE LUCE
Tirando dunque le somme, ci chiediamo se l’occasione di questi importanti lavori, che creeranno inevitabilmente disagi, non possano però essere l’opportunità di capire di più su questa vicenda e dare risposte ai calabresi e a tutto il Paese sul quel traffico illecito di rifiuti che partiva dal Nord Italia. Una verità che è dovuta a tutte le persone oneste e che giornalmente lavorano per una Calabria che deve togliersi di dosso troppe brutte etichette derivanti da un buio e recente passato. Tutti dobbiamo pretendere che questi dubbi vengano sciolti, potrebbe essere che non si trovi nulla, ma se invece non fosse così sarebbe una grande opportunità di bonifica e di giustizia sociale e ambientale.
Ricordiamoci che abbiamo deciso di destinare questo lembo d’Italia, che noto purtroppo in passato come terra di sequestri, ad una area naturalistica protetta di alto livello, riconosciuta recentemente come geoparco dall’UNESCO. Questa vicenda crediamo che non possa essere solo una vicenda locale, ma visto che il traffico illecito comprendeva tutta l’Italia non possiamo esimerci da farci anche noi portatori di questa ricerca di verità. Forse la giustizia di questi danni non la avremo mai, ma perlomeno avremo aggiunto qualche tassello in più per fare luce a pagine nere del nostro Paese che non devono essere messe del dimenticatoi. Credo che molti accetterebbero maggiormente il disagio se ci fosse l’opportunità di fare u po’ più di chiarezza su questi temi, staremo a vedere.
Fonti consultate: La Stampa, Il Post, Reggio Today, Zoome 24, I Calabresi, WikiSource, UNESCO