Published On: Sab, Set 16th, 2023

Possibili indizi di vita su K2-18b, un esopianeta a 120 anni luce dalla Terra

La domanda se siamo soli nell’universo oggi si concentra sulla ricerca di vita al di fuori del nostro pianeta. I dati del James Webb Space Telescope (JWST) hanno rivelato che un esopianeta chiamato K2-18b, situato nella costellazione del Leone, presenta alcuni marcatori chimici associati alla vita sulla Terra. E’ il primo pianeta scoperto in orbita attorno alla stella nana rossa K2-18, che è più debole e più fredda del Sole. Esso si trova a una distanza molto più vicina alla sua stella di quanto lo sia la Terra dal Sole, ma riceve una quantità di energia simile.

Nel 2019, il telescopio spaziale Hubble rilevò segni di vapore acqueo nell’atmosfera di K2-18b, suggerendo la presenza di acqua liquida sulla sua superficie. Questo suscitò interesse, anche senza prove concrete. Recentemente, il JWST ha identificato anidride carbonica, metano e, forse, il composto dimetil solfuro (DMS) nell’atmosfera di  questo mondo lontano. La presenza di DMS è significativa perché sulla Terra è prodotto solo dalle alghe, suggerendo la possibilità di vita aliena.

Tuttavia, è importante notare che l’analisi dell’atmosfera di un pianeta extrasolare è estremamente complessa e soggetta a errori. Inoltre, la luce che attraversa l’atmosfera contiene segnali provenienti dalla stella, rendendo l’interpretazione dei dati ancora più difficile.

In conclusione, sebbene ci siano indicazioni promettenti, la probabilità che K2-18b ospiti vita aliena rimane incerta. Questi risultati dimostrano la crescente capacità di esaminare esopianeti e di raccogliere informazioni dettagliate su mondi lontani, ma non forniscono prove di vita extraterrestre. Tuttavia, contribuiscono al nostro progresso nella comprensione dell’universo e delle condizioni su altri pianeti.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.