Come viene prodotta la neve artificiale?
In questo anno piuttosto siccitoso e quindi avaro di neve naturale, almeno in questa prima parte dell’inverno, molte località sciistiche, non solo in Italia, hanno fatto ricorso alla neve artificiale. Spesso però il ricorrere alla neve programmata è visto come fumo negli occhi, ma non è certo il peggiore di tutti i mali della montagna, anzi sovente salva l’economia di piccole e grandi stazioni turistiche.
Senza dubbio con i cambiamenti climatici in atto, e come abbiamo ribadito in tanti altri articoli, la montagna deve fare una riflessione. In primo luogo in termini di sviluppo sostenibile e in secondo luogo in termini di gestione. Sempre sul tema neve abbiamo poi anche dedicato un podcast relativamente alle Olimpiadi Invernali che nel 2026 si svolgeranno in Italia. Senza però addentrarci in tematiche di più alto livello andiamo a scoprire come si produce la neve artificiale. In Italia, talaltro, abbiamo parecchie eccellenze mondiali in termini di macchinari per produrla.
In sostanza, senza entrare troppo nei dettagli, la produzione di neve avviene principalmente con due metodologie. La prima cosiddetta a bassa pressione e la seconda ad alta pressione. Per la produzione vengono utilizzati i cosiddetti cannoni che possono sfruttare quindi diversi tipi di pressione. Va premesso che per la produzione di neve artificiale è necessaria solamente l’acqua. Spesso si sente parlare di additivi chimici, ma che in Italia (e non solo) sono vietati da diverso tempo. Venivano utilizzati sperimentalmente negli anni ’70, ma oggi non ha senso utilizzarli sia per il costo sia per la compatibilità ambientale. Dunque sgombriamo il campo da queste bufale che si sentono in giro.
Ovviamente per portare l’acqua ai cannoni deve essere prelevata da un corso d’acqua o da sistemi acquedottistici in prossimità di dove si vuole produrre la neve. Di certo il consumo di acqua è notevole e su questo si sente storcere il naso soprattutto con gli ultimi periodi di siccità. Possiamo però anche dire che comunque nel torrente l’acqua sarebbe ruscellata a valle e nel caso della neve programmata l’acqua verrà trattenuta in loco e tornerà a valle in maniera “ritardata” e cioè in primavera quando la neve si scioglierà. Se vogliamo è anche un modo per ricaricare, anche se in piccolissima parte, le falde. In termini di numeri, mediamente, con 1 metro cubo di acqua (cioè 1.000 litri) si producono 2,5 metri cubi di neve artificiale. Immaginate che per avere uno spessore nevoso di base, circa 30 cm, dell’equivalente di un campo da calcio ci vogliono circa 1.100 metri cubi di acqua.
Torniamo dunque ai sistemi di bassa pressione dove è fondamentale comunque la temperatura. In questi sistemi l’acqua arriva nei cannoni per caduta o pompaggio tramite un circuito idraulico. Sul macchinario l’acqua viene semplicemente nebulizzata da ugelli e “sparata” da un grande ventilatore posto nel centro del cannone. Se ci sono dunque le condizioni di temperatura bassa, che però sono anche legate all’umidità dell’aria, le gocce nebulizzate e sparate in alto di fatto si congelano e si formano i cristalli di ghiaccio. Con questi sistemi la temperatura deve essere però almeno intorno allo zero o più bassa, in caso contrario uscirà acqua nebulizzata.
I sistemi ad alta pressione differiscono sulla pressione di nebulizzazione dell’acqua. “Giocando” sui principi di fisica, grazie all’espansione dell’acqua in uscita dagli ugelli, questa provocherà una sensibile riduzione della temperatura e dunque sarà possibile produrre neve anche a temperatura al di sopra dello zero. Pensate alla bomboletta spray che si raffredda nelle mani mentre premete il tappino, la stessa cosa. Con questi sistemi non è necessario che la temperatura sia intorno allo zero o più bassa, ma ci si può spingere fino a circa 5°C. Questa tecnica, seppur più energivora, permette di produrre neve quando le condizioni climatiche non sono proprio l’ideale per una nevicata. Solitamente i cannoni sparaneve ad alta pressione sono semplicemente delle aste che nebulizzano l’acqua mediante compressori. Dunque ingombrano meno, seppur sono strutture fisse.
Ovviamente i cannoni funzionano con l’energia elettrica sia quelli a bassa che quelli ad alta pressione. Si parla sempre dei consumi elettrici che ovviamente ci sono, ma possiamo anche affermare che spesso i comprensori sciistici, essendo in montagna, sono vicini ad impianti idroelettrici e dunque l’energia che viene utilizzata è rinnovabile senza emissione di CO2.
Un altro tema molto dibattuto sulla neve programmata è quello dei costi di produzione, costi che vengono poi in qualche modo ammortizzati da tutto l’indotto delle stazioni di sci. Le voci di costo più elevate non sono quelle legate all’utilizzo di energia, ma quelle dell’investimento iniziale dei macchinari, quelle della realizzazione dei sistemi di adduzione dell’acqua e quelle del personale. Spesso le condizioni termiche migliori si hanno proprio durante la notte e dunque è necessaria la supervisione del personale su turni.
In termini di qualità delle neve, di certo le condizioni sono diverse rispetto a quelle naturali. La neve prodotta artificialmente è una neve “più dura” e meno soffice rispetto a quella che cade naturalmente dal cielo. Dal punto di vista del cristallo la neve artificiale è più “robusta” rispetto a quella naturale, infatti tende a sciogliersi molto più lentamente rispetto a quella naturale, a volte anche a distanza di diverse settimane. Accade ormai sovente che anche in anni di abbondante nevicate naturali si sceglie comunque di aggiungere neve artificiale, se ci sono le condizioni, per allungare la stagione.
Quindi anche alla luce di quanto illustrato la produzione di neve programmata non è così complessa e l’impatto ambientale può essere gestito, seppur come dicevamo è importante fare delle riflessioni. In montagna sono probabilmente altri i comportamenti meno virtuosi che fanno sì che non tutte le località turistiche invernali siano davvero sostenibili.
Fonti consultate: Ambiente Provincia di BZ, Skiinfo, Asiagoneve