Perché l’Artico si riscalda così velocemente?
Nei giorni scorsi l’Artico ha visto battere il record di temperatura massima da quando vengono rilevati dati. Una situazione che ormai è divenuta quasi di routine, tanto che negli ultimi anni i valori termici sono aumentati ad un ritmo di circa il doppio dalla media globale. Tali situazioni hanno accelerato lo scioglimento del permafrost, il terreno permanentemente ghiacciato che si rigenera ogni anno.
La comunità scientifica è consapevole che il mondo stia andando incontro ad un surriscaldamento, ma ora si chiede il motivo per cui quest’area del globo si riscaldi molto più velocemente di altre.
Gli scienziati hanno sviluppato modelli del sistema climatico globale, GCM in breve, che riproducono i principali schemi osservati nelle osservazioni meteorologiche. Questi aiutano a tracciare e prevedere il comportamento dei fenomeni climatici come il monsone indiano, El Niño, le oscillazioni meridionali e la corrente del Golfo.
Dai modelli emerge che per ogni grado di riscaldamento globale sul pianeta, l’Artico salirà il doppio. Perché?
La neve fresca è la superficie naturale più luminosa del pianeta. Ha un’albedo di circa 0,85, il che significa che l’85% della radiazione solare che cade su di essa viene riflessa nello spazio. L’ oceano è l’opposto: è la superficie naturale più scura del pianeta e riflette solo il 10% delle radiazioni (ha un’albedo di 0,1). In inverno, l’Oceano Artico è coperto di ghiaccio marino che gode di uno strato isolante di neve. È come un’enorme coperta termica luminosa che protegge l’oceano scuro sottostante. Quando le temperature aumentano in primavera, il ghiaccio marino si scioglie, esponendo l’oceano sottostante, che assorbe ancora più radiazioni solari, aumentando il riscaldamento della regione, che scioglie ancora più ghiaccio. Una sorta di “circolo vizioso” del clima.
Di conseguenza il ghiaccio marino permanente è diminuito ad un tasso di circa il 13% per decennio da quando sono iniziate le registrazioni satellitari alla fine degli anni ’70. In effetti ci sono prove che indicano che l’estensione del ghiaccio marino non è stata così bassa negli ultimi 1.500 anni.
Eventi estremi di fusione sulla calotta glaciale della Groenlandia, che si verificavano una volta ogni 150 anni, sono stati osservati nel 2012 e ora nel 2019. I dati sul ghiaccio mostrano che la fusione superficiale della calotta glaciale nell’ultimo decennio non ha precedenti nei tre secoli e mezzo precedenti, e potenzialmente negli ultimi 7000 anni.
In altre parole, le temperature da record viste questa estate nell’Artico non sono “una tantum”. Fanno parte di una tendenza a lungo termine prevista decenni fa dai modelli climatici. Oggi ne stiamo vedendo i risultati, con il disgelo del permafrost e lo scioglimento del ghiaccio marino e della calotta glaciale.