Scoperti due super anticorpi contro SARS-CoV-2
Un team guidato dall’Università di Washington, di cui fa parte anche l’ospedale Sacco con l’infettivologo Massimo Galli, ha pubblicato la scoperta di due anticorpi particolarmente efficienti che, testati sui criceti, hanno bloccato la proteina Spike utilizzata dal coronavirus per legarsi alle cellule umane, e il recettore Ace2.
Ora, alcune aziende hanno cominciato la sperimentazione sugli uomini.
Il lavoro è svolto in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e la fondazione Toscana Life Sciences, con lo scienziato Rino Rappuoli, che pure ha isolato tre anticorpi particolarmente potenti, ma i primi trattamenti potrebbero arrivare la prossima primavera.
“Abbiamo ottenuto anticorpi potentissimi, che sono nella fase di sviluppo industriale e con cui speriamo di poter contribuire presto a contenere questa pandemia” ha scritto Rappuoli, microbiologo, direttore scientifico e responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo di Gsk Vaccines a Rosia (Siena), in un articolo scritto per la rivista ‘Magistero del Lavoro. “Si parte sempre da sangue di pazienti convalescenti, e usando tecniche di laboratorio molto sofisticate si cercano tra i milioni di cellule quelle rarissime che producono gli anticorpi che neutralizzano la spike del virus“. Poi questi anticorpi vengono ricreati in laboratorio e usati come farmaci.
A differenza del vaccino, la cui risposta immunitaria richiederebbe sino ad un paio di mesi, gli anticorpi monoclonali hanno il vantaggio di essere efficienti sin da subito. Inoltre, a livello di produzione ne servirebbero meno dosi, essendo indicati ai malati o agli individui esposti, non a tutta la popolazione mondiale. Lo svantaggio, rispetto al vaccino, è il costo piuttosto alto (diverse migliaia di euro contro i 10-20 euro del vaccino) e l’efficacia limitata nel tempo: solo alcune settimane, contro alcuni mesi o forse qualche anno del vaccino.
I dati usciti sul New England Journal of Medicine dimostrano che la risposta immunitaria è uguale a quella dei volontari più giovani, con gli effetti collaterali tipici di un vaccino contro l’influenza: indolenzimento attorno alla puntura e qualche grado di febbre. La notizia non era scontata, perché è noto che l’efficacia dei vaccini tende a ridursi con l’età.