Atterrare o ammartare?
In questi giorni c’è fermento in campo astronomico. La missione NASA su Marte, dove il rover Perseverance sta muovendo i primi spostamenti sul pianeta rosso, sta destando molto interesse. Ma la domanda che molti si stanno ponendo è la seguente. Quando si arriva su un pianeta o satellite diverso dalla nostra Terra si dice atterrare o nel caso di Marte, ammartare?
Andiamo ad interrogare l’Accademia della Crusca che si è posta il problema. Vediamo dunque alcune passaggi che Enzo Caffarelli illustra proprio in questi giorni di grande fermento:
Non si tratta di un neologismo dell’ultimo momento, beninteso; la prima attestazione nota ha oltre 40 anni. Il Vocabolario Treccani, consultabile in rete, lemmatizza ammartaggio come neologismo del 2012, ma ne rileva un’attestazione di Adriano Buzzati Traverso già nel quotidiano “La Stampa” del 23 luglio 1976; lo stesso dizionario segnala come neologismo del 2014 ammartare, anche in questo caso retrodatandolo al XX secolo (Gabriele Beccaria, “La Stampa”, 13 luglio 1997) e chiosandolo come “Derivato dal nome del quarto pianeta del sistema solare, Marte, con l’aggiunta del prefisso ad- e del suffisso –are1, sul modello di atterrare, ammarare, allunare e simili”.
Dunque diciamo che il problema non è nuovo, ma era già stato tema di dibattito. Andiamo però a scoprire come prosegue Caffarelli che ci spiega come il significato di terra, non sia solo quello del pianeta:
Pare tuttavia che la contraddizione sia invece proprio nelle voci ammartare e derivati. Il ricorso che se ne fa, come del resto segnalato da alcuni nostri lettori che non lo condividono, non tiene infatti conto dei due significati prevalenti di terra, che non sono il nome proprio del pianeta, ma a) il nome comune per indicare ‘suolo’, ‘superficie solida’ in opposizione a quella dei bacini acquiferi e di superfici liquide in genere, ‘terraferma’, e b) il valore di ‘suoli e terreni formati da rocce appartenenti a varie categorie geotecniche, materiale costitutivi del terreno contenenti gli elementi necessari per la nutrizione delle piante’. È evidente che espressioni come cadere a terra, sedere a terra, andare a terra, gettare a terra, respingere una palla da terra, scavare sottoterra, ecc. non indicano il pianeta; e terra vale ‘terreno coltivabile’ in arare / fertilizzare / zappare la terra, vale ‘materiale particolare’ in vaso di terra, ‘appezzamento di terreno’ in ettaro di terra, ‘zona geografica, territorio’, in terra di Romagna.
Dunque terra non ha significato solo di pianeta Terra, ma viene inteso come superficie. Arriviamo dunque alla conclusioni del ragionamento dell’Accademia della Crusca.
Se ne può concludere che atterraresu X con X satellite o pianeta, nel senso di ‘toccare il suolo, poggiare sulla superficie nella fattispecie della Luna o di Marte’ è espressione pienamente corretta, mentre ammartare / ammartaggio è un semplice occasionalismo, il cui uso in una circostanza particolare come quella indicata all’inizio si può certamente capire, ma che non è destinato a inserirsi stabilmente nel lessico, perché presupporrebbe per coerenza l’uso dell’astronimo in ogni situazione e azione (al momento perlopiù non plausibile) in cui, sul nostro pianeta, ci trovassimo a nominare terra (*cadere a Marte, *sedere a Marte, *gettare a Marte…). Per non dire della catena di parasintetici cacofonici da tenere in caldo per le future conquiste spaziali: avveneraggio, ammercurare, aggiovaggio, assaturnato… fino ad applutonato.
Dunque Ipse Dixit! Perseverance è atterrato su Marte e non è dunque ammartato!
Fonti Consultate: Accademia della Crusca