Published On: Gio, Feb 25th, 2021

Ricreata in laboratorio l’atmosfera di Titano

La comunità scientifica considera Marte il pianeta ideale per trovare forme di vita extraterrestre remota. Tuttavia, il pianeta rosso non è l’unico luogo: oltre agli innumerevoli esopianeti designati potenzialmente abitabili, ci sono altri candidati nel nostro sistema solare.

Uno di essi è Titano, il più grande satellite naturale di Saturno che presenta tutti i tipi di chimica organica che si svolgono tra la sua atmosfera e la superficie.

Molto di ciò che sappiamo su Titano oggi è dovuto alla sonda Cassini, che ha orbitato attorno a Saturno dal 2004 al 2017 e ha terminato la sua missione immergendosi nell’atmosfera di Saturno. Durante questo periodo, la sonda ha condotto misurazioni dirette, rivelando un ambiente sorprendentemente simile alla Terra.

Ciò che è particolarmente interessante è il fatto che gli scienziati ritengono che circa 2,8 miliardi di anni fa, l’atmosfera terrestre potrebbe essere stata simile. Questo coincide con l’era mesoarchea, un periodo in cui i cianobatteri fotosintetici hanno creato i primi sistemi di barriera corallina e convertito lentamente l’anidride carbonica atmosferica terrestre in ossigeno gassoso (portando infine al suo attuale equilibrio di azoto e ossigeno).

TITANO IN LABORATORIO

Da tempo gli scienziati sospettano che lo studio dell’atmosfera di Titano possa fornire indizi vitali sulle prime fasi dell’evoluzione della vita sulla Terra. Ora, grazie a una nuova ricerca guidata dal gigante tecnologico IBM, un team di ricercatori è riuscito a ricreare le condizioni atmosferiche di Titano in un laboratorio.

Essi hanno “inondato” una nave in acciaio inossidabile con una miscela di metano e azoto, innescando reazioni chimiche attraverso una scarica elettrica, imitando così le condizioni nell’atmosfera di Titano. Attraverso questa procedura è stato possibile assistere all’architettura molecolare di composti sintetici simili a quelli che causano la foschia arancione nell’atmosfera della luna di Saturno.

Un’applicazione che fornisce un nuovo entusiasmante strumento per l’analisi dei campioni di materiali astrobiologici, inclusi meteoriti e campioni restituiti dal pianeta.

I RISULTATI

I loro risultati potrebbero anche far luce sul misterioso ciclo idrologico di Titano basato sul metano. Sulla Terra, questo ciclo consiste nella transizione dell’acqua tra uno stato gassoso (vapore acqueo) e uno stato liquido (pioggia e acque superficiali). Su Titano, lo stesso ciclo si svolge con il metano, che passa dal gas atmosferico e cade come pioggia per formare i famosi laghi di idrocarburi.

Credit: Nasa

In questo caso, i risultati del team di ricerca potrebbero rivelare il ruolo che la foschia chimica gioca nel ciclo del metano di Titano, incluso se queste nanoparticelle possono galleggiare o meno sui suoi laghi. Inoltre, questi risultati potrebbero rivelare se aerosol atmosferici simili abbiano aiutato o meno la vita a emergere sulla Terra miliardi di anni fa.

Se questa teoria è corretta, le scoperte del team non solo aiuterebbero gli scienziati a comprendere le condizioni in cui è emersa la vita qui sulla Terra, ma potrebbero anche indicare la possibile esistenza della vita su Titano.

NATURA MISTERIOSA

La natura misteriosa di questo satellite è qualcosa di cui gli scienziati sono venuti a conoscenza per la prima volta all’inizio degli anni ’80, quando le sonde spaziali Voyager 1 e 2 volavano entrambe attraverso il sistema di Saturno. Da allora, gli scienziati hanno messo insieme i pezzi.

Entro il 2030, la NASA prevede di inviare un aeromobile robotico chiamato Dragonfly su Titano per esplorarne la superficie e l’atmosfera e cercare possibili segni di vita. Come sempre, il lavoro teorico e gli esperimenti di laboratorio eseguiti nel frattempo permetteranno agli scienziati di restringere il campo d’azione e aumentare le probabilità che la missione (una volta arrivata) trovi ciò che sta cercando.

La ricerca è apparsa su “The Astrophysical Journal Letters“.

About the Author

- E' un giornalista scientifico, regolarmente iscritto all'albo nazionale. Si occupa di cronaca scientifica e duvulgazione dal 2011, anno di inizio del suo praticantato. Sin dal 2007 ha condotto numerosi studi sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica, alcuni dei quali in collaborazione con l'ArpaV.