Published On: Gio, Apr 22nd, 2021

Michele Amatore, il capitano di colore dei Savoia

Villaggio sui Monti Nuba (Credit idea2at)

Il nostro viaggio parte ad inizio ‘800 in un piccolo villaggio nell’attuale Sudan sui Monti Nuba. Qui, nell’Africa nera, su questi montagne vicino al Sahara, nel 1826 nacque un bimbo di nome Quetto. Questo bambino era il figlio del capo tribù, una tribù fiera che aveva mantenuto la religione animista nonostante i vari tentativi di islamizzazione di questi territori avvenuti nei secoli precedenti.

A quei tempi l’Egitto, che si trova più a nord, era un paese indipendente e aveva anch’esso bramosie coloniali.  Poichè i monti Nuba erano ricchi di materie prime, nel 1832 le truppe egiziane attaccarono il villaggio di Quetto prendendolo d’assalto con 6.000 soldati. L’azione fu violenta e la difesa non poté nulla contro gli egiziani. Violenze, sevizie, mutilazioni e uccisioni furono il quotidiano di questa invasione. 

Dipinto del mercato degli schiavi a Il Cairo (Credit W.J. Muller)

Quetto, fu fra i “fortunati” sopravvissuti, e fu fatto prigioniero per diventare uno schiavo. Il viaggio verso l’Egitto fu massacrante con qualche pezzo di pane e poca acqua. I più perirono durante il lungo cammino e gli schiavi sopravvissuti furono più volte scambiati e venduti fra vari mercanti. Il giovanissimo Quetto si salvò da quel terribile viaggio lungo centinaia di km e arrivò così al mercato degli schiavi de Il Cairo. 

Lasciamo Quetto al mercato degli schiavi ed andiamo a conoscere il medico piemontese Luigi Castagnone. Gli anni ’20 dell’800 furono anni tumultuosi in Europa e anche il giovane medico alessandrino abbracciò la rivoluzione che chiedeva più diritti anche nell’allora Regno di Sardegna. I tumulti furono sedati e i rivoluzioni furono condannati, così Luigi, come molti altri, divenne un esule politico e trovò rifugio, prima in Svizzera e poi in Egitto

Un giorno Luigi andò al mercato degli schiavi per acquistare un domestico come era uso a quei tempi. Scelse il giovane Quetto che iniziò a lavorare presso la casa del medico piemontese in Egitto. Luigi però iniziò a trattare il giovane quasi come un figlio. Finito l’esilio, a seguito dell’indulto dato dal Re Carlo Alberto che aveva concesso la Costituzione, Luigi decise di tornare in Piemonte. Per paura che il giovane potesse ammalarsi in Europa, lasciò il giovane Quetto, che ormai aveva iniziato a chiamare Michele, in casa di un altro suo amico italiano in Egitto, il dottor Maurizio Bussa

Il dottor Bussa, che si era affezionato anche lui al giovane volonteroso e operoso, lo portò con se in Piemonte. Nel 1836 ricevette così il battesimo nel piccolo paesino di Quattordio in provincia di Alessandria.  Ci fu una grande cerimonia alla presenza del Vescovo Amatore e così gli venne dato un nome e un cognome e Quetto diventò cristianamente Michele Amatore (prendendo il cognome del Vescono per onorarlo della sua presenza). 

Diventato un giovane libero, Michele, decise di tornare in Egitto per intraprendere una carriera da commerciante. Giunsero però dall’Italia notizie di nuovi moti e di venti di Risorgimento. Così, nel 1848, Michele in segno di riconoscimento della sua patria adottiva che gli aveva ridato la libertà decise si imbarcarsi per Genova ed arruolarsi nei bersaglieri. La sua carriera militare si stava per concludere quasi subito quando fu ingiustamente accusato di un saccheggio durante i moti di Genova, ma fortunatamente, grazie a dei testimoni, fu scagionato da questa ingiuria. 

Il giovane Michele si distinse subito per ardore e coraggio. Iniziò così una carriera militare nell’esercito che gli vide acquisire i meriti sul campo nelle guerre di Indipendenza. Durante il servizio militare approfondì anche gli studi necessari per i gradi che poi acquisì durante gli anni. Fu di stanza in Sicilia per molti anni nella lotta al brigantaggio post-unitario, ma si distinse in campo sanitario quando, con il suo plotone, diede supporto alla popolazione di Palermo durante l’epidemia di colera.

Targa Commemorativa a Rosignano Monferrato (Credit Steamfantasy)

Michele si congedò dall’esercito, concludendo la sua carriera militare, nel 1880 con il grado di Capitano. Aveva problemi di vista a causa di una ferita di guerra ben visibile in alcuni scatti che lo ritraggono. Si sposò già molto grande con tale Rosetta Brambilla di Milano, ma non ebbe figli. Gli ultimi anni li trascorse a Rosignano Monferrato dove era tornato a vivere e dove morì nel 1888. Michel fu sepolto nel cimitero del paese non molto distante dal dottor Castagnone che gli aveva ridato libertà e dignità.

Questa storia probabilmente dimenticata è la storia del capitano Michele Amatore, che dai monti del Sudan e poi da schiavo in Egitto si è riscattato fino diventare Capitano del Regio Esercito.  La storia di questo uomo di colore merita di essere riportata alla luce proprio in questa nostra società che spesso è assetata di riscatto sociale sì, ma che ha ancora (forse più di ieri) molti problemi di integrazione. 

Fonti consultate: Il capitano moro. Storia del Bersagliere Michele Amatore di Roberto Alciati

About the Author

- Ingegnere Ambientale, laureato presso il Politecnico di Torino, si è specializzato in difesa del suolo. Oggi si occupa di progettazione di impianti ad energia rinnovabile e di sviluppo sostenibile della montagna, con focus sulla mobilità elettrica. Volontario di Protezione Civile, ama la natura, ma anche i social media e la fotografia. Per compensare la formazione scientifica coltiva lo studio della storia e delle scienze politiche. * Contatti: giuseppe.cutano@geomagazine.it * * IG: @latitude_45