Sarajevo 1984: le Olimpiadi prima della tempesta
Febbraio è tempo di Olimpiadi invernali e in questo 2022 vanno di scena a Pechino, Cina. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa in un nostro articolo. Vogliamo invece oggi fare un salto nel tempo, in un tempo piuttosto recente e tornare alle Olimpiadi Invernali del 1984. Le principali candidate ad ospitare l’evento erano Sapporo (Giappone) e Falun/Goteborg (Svezia). Fra le altre c’era anche la candidatura di Sarajevo, Jugoslavia. Il progetto della città jugoslava all’inizio era visto come una cosa quasi impossibile e riservata solo ai paesi ricchi e occidentali. Così, contro ogni aspettativa sia interna che esterna al paese balcanico, quell’edizione fu assegnata proprio alla città bosniaca.
Molti lo ricordano ancora come il febbraio magico in quella terra. C’era molta aspettativa per quell’evento in piena guerra fredda. Erano le prime Olimpiadi invernali della storia svolte nel blocco orientale e la Jugoslavia, seppur figurasse fra i paesi non allineati, voleva dimostrare le capacità organizzative di un paese socialista. Tito era già scomparso, ma lui stesso aveva voluto fortemente la candidatura prima di morire.
Già un anno prima dei Giochi era tutto pronto per ospitare le gare e le strutture erano già collaudate. Nuovi alberghi, ristrutturazioni in città, nuove strade ecc e la gente era in fibrillazione per il grande evento. Suscita curiosità oggi il fatto che molti cittadini e volontari, pur di non perdere l’evento, si immunizzarono in massa con il vaccino dell’influenza. Questo fa capire quale fosse la gioia e l’aspettativa di accogliere i cinque cerchi.
Il clima di Sarajevo è generalmente più che consono agli sport invernali poiché gli inverni sono quasi sempre freddi e nevosi. Solo in quel 1984 la neve fu scarsissima fino al giorno prima dell’inizio dei Giochi. Ma a rendere ancora più magico il tutto ci fu una grande nevicata la sera prima dell’inizio. E se dapprima si era preoccupati per la scarsità ci si iniziò a preoccupare per l’abbondanza. In poche ore cadde un metro di neve farinosa e invernale.
Quella notte le radio locali chiesero a tutti di dare supporto e grazie ad grande quantità di volontari in poche ore la città venne ripulita dall’abbondanti nevicata. Il Comitato Internazionale iniziava ad essere preoccupato per la preparazione delle piste, ma anche essere furono approntate in pochissimo tempo. Fu davvero un evento corale dove ognuno contribuiva come poteva. Lo stesso presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Samaranch, la chiamerà la prima Olimpiade organizzata dal popolo.
L’edizione fu da record con paesaggi invernali che poi difficilmente si presentarono in altre edizioni olimpiche. Due miliardi di telespettatori alla televisione, oltre 1.200 atleti e l’indotto portò alla creazione di 9.500 nuovi posti di lavoro. Ci furono anche i primi test per le gare paralimpiche. Una fiaba per la città balcanica, una fiaba che aveva mostrato al mondo un popolo unito, accogliente e capace di organizzare un grande evento. Quella città, con la montagna proprio a ridosso, era stata apprezzata da tutti, ma quella stessa montagna, che aveva portato tanta gioia, avrà un risvolto tragico della medaglia.
Conclusi i Giochi rimase in tutti un bellissimo ricordo nel popolo jugoslavo e dei cittadini di Sarajevo. Fra le altre cose la stessa Jugoslavia vinse la sua prima medaglia olimpica negli sport invernali. Invece, per quanto riguarda l’Italia, Paoletta Magoni nello Sci Alpino portò a casa due ori.
Quella grande kermesse di pace e di unione si rivelò ben presto una calma apparente. All’interno della ex Jugoslavia, aumentarono giorno dopo giorno le tensioni interne e i nazionalismi che erano stati sopiti da uno stato unitario tenuto legato fino al 1980 da Tito. Diverse religioni, diversi interessi sfociarono in forti nervosismi sociali e soprattutto politici.
Le Olimpiadi di Sarajevo 1984 furono l’ultimo grande evento corale di un gigante di argilla che di lì a poco si sarebbe sbriciolato. Il 25 giugno 1991, ne avevamo parlato in un articolo, cambiò per sempre la storia della ex Jugoslavia ed quella data su il preludio per le immense sofferenze che Sarajevo avrebbe subito negli anni a venire.
La città bosniaca divenne una città contesa e fu bersaglio di uno dei più lunghi assedi della storia (5 aprile 1992- 29 febbraio 1996). Sarajevo, fino a prima della guerra era una città multi-etnica che viveva senza troppo pensare alle sue diversità, così come aveva fatto vedere durante i Giochi, ma in una guerra tutte le regole possono cambiare.
Le montagne olimpiche si trasformarono in postazioni strategiche per i cecchini che dall’alto potevano essere protetti per sparare sulla città. Gran parte delle strutture realizzate per i Giochi vennero danneggiate o distrutte. Ironia della sorte, il 6 aprile 1992, la prima vittima dell’assedio di Sarajevo fu un addetto della funivia del Trevebic che talaltro accedeva ad alcuni impianti olimpici.
Quelli che prima erano boschi e campi da neve divennero campi minati e ad esempio la pista di bob fu utilizzata anch’essa come trincea di protezione per i cecchini posizionati sulle alture. La città fu così teatro di morte, deportazioni e sfollamenti. Le Olimpiadi avevano portato benessere e crescita, infatti fino alla vigilia della guerra, nel 1991, la popolazione arrivò al suo massimo storico con 492 mila abitanti. Per contro, si stima che durante il conflitto la popolazione scese sotto i 400 mila abitanti e oggi, a distanza di diversi anni dalla fine del conflitto, la popolazione non ha più raggiunto quei numeri.
Oggi per fortuna a distanza di più di vent’anni dal termine del conflitto è in corso una azione di recupero della montagna attorno a Sarajevo che è stata via via sminata e bonificata. Alcune strutture sono state ricostruite come la funivia al Trevebic e sono stati riaperti ristoranti e altre attività. La guerra di Bosnia è stato uno dei capitolo più atroci della storia europea, dopo la seconda guerra mondiale, e solo ora, forse, cominciano a richiudersi le ferite. E’ quasi incredibile come quell’evento olimpico celebrò un Paese dando al mondo una immagine di unità e concordia, due valori, che però nel giro di qualche anno divennero totalmente opposti e dove religioni e etnie diverse lasciarono una scia di sangue crudele.
Vi proponiamo il video-documentario dei Giochi Olimpici 1984:
In questo video il post guerra:
Fonti Consultate: Balcanicaucaso.org, Ildubbio.org, LovingBalkans, Wiki